E a scuola tornano di moda le classi differenziate

C’è una scuola a New York un po’ speciale, che piacerebbe anche alla sinistra. Le alunne, tutte femmine, ottengono risultati brillanti e quasi la totalità (il 96%) riesce a ottenere l’accesso all’università. Si chiama Young Women’s Leadership School e accoglie ragazze dei quartieri difficili, come quelli di Harlem e Bronx, dove il 70% della gente vive sotto i limiti di povertà. È nata nel 1996 per tutelare le ragazze che vivevano in un ambiente dominato dai maschi. «Dentro le scuole, i problemi di intimidazione, di violenza o di abusi sessuali sono costanti. I ragazzi sono coloro che decidono le regole all’interno delle aule. Le ragazze subiscono e lasciano fare. Qui, questa pressione non esiste», dice la direttrice. Grazie a questa esperienza, la Young Women’s Leadership Foundation ha fondato altre scuole a New York, Philadelphia e Chicago.
La scuola al femminile, però, ha anche un profondo significato pedagogico che la pone al centro di un dibattito aperto in molti paesi occidentali. Molti infatti si domandano se le scuole differenziate, cioè soltanto femminili o maschili, siano una proposta formativa che possa farsi largo anche in situazioni di normalità. Più di trecento esperti riuniti a Roma si sono dichiarati favorevoli a una proposta formativa differenziata che sembra dare buoni frutti da un punto di vista educativo. «Chi riteneva le classi miste fossero una conquista sessantottina di parità, si deve ricredere» ha spiegato Valentina Aprea, presidente della commissione cultura della Camera che ha caldeggiato «una pluralità di modalità educative nella scuola italiana». Ma perché, con tutti i problemi che ha la scuola italiana, si deve sollevare anche il tema delle classi differenziate? I dati e le esperienza internazionali hanno rivelato risultati sorprendenti. Si parte da un punto fermo, scientifico: «Il modo di apprendere dipende dalle differenze di sesso - spiega Leonard Sax, noto psicologo americano - perché questa differenza incide sensibilmente sul funzionamento degli emisferi cerebrali. Nell’uomo, il cervello seleziona, analizza, conosce la realtà in maniera diversa a seconda che il soggetto sia maschio o femmina».
Da qui l’idea mettere nelle condizioni, maschi e femmine di apprendere nel modo migliore. Che ha raccolto un sacco di adepti in tutto il mondo. Le 210mila scuole a educazione differenziata vengono frequentate da 40 milioni di alunni. E l’Easse (European association single-sex education» ha rivelato gli aspetti positivi di questa scelta. Nel Regno unito, per esempio, esistono 1002 scuole differenziate, di cui più di 400 statali. Ben 81 di queste sono state elencate tra le cento scuole con i migliori risultati. In Italia gli esempi positivi non mancano. Come a Palermo, dove esiste Imera, una scuola nata 32 anni fa. Attualmente è frequentata da 200 alunne. È di ispirazione cristiana, c’è la preghiera del mattino, la divisa scolastica e per il resto non cambia nulla rispetto a una scuola statale. Il programma è ministeriale, l’impostazione è laica. È solo tutta al femminile. Una soluzione vista da molti con sufficienza. Ma Silvia Nardegan, direttrice dell’istituto, racconta che i ragazzi «all’inizio pensano sia una scuola controcorrente, poi capiscono l’importanza delle classi differenziate che non dividono ma distinguono e personalizzano. Tra maschi e femmine, infatti, il divario è enorme e gli interessi sono molti diversi». La direttrice infatti spiega che le alunne «si sentono a proprio agio in un contesto omogeneo, non sono sotto pressione».

I risultati? Sulla pagella. «C’è una media superiore a quella nazionale e le ragazze mediamente prendono il massimo dei voti. Inoltre la loro scelta per le superiori e l’università è spesso orientata nell’ambito scientifico».

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