E se l’Italia imitasse la Svizzera?

Cominciamo col premettere che il referendum popolare è la sola iniziativa, l’unica rimasta, di genuina impronta democratica nei sistemi che seguitiamo a definire democratici mentre sono, grazie anche alle gabole come la mancanza del vincolo di mandato, in tutto e per tutto oligarchie. Ciò doverosamente detto, oggi vorremmo essere tutti svizzeri. Vorremmo essere tutti svizzeri per la consuetudine loro di esprimersi direttamente, senza intermediari, su questioni - politiche, economiche o sociali - che li coinvolgono in prima persona. Non come “corpo” o “entità” sociologica, ma (...)
(...) come singoli cittadini. Vorremmo poi esserlo perché col referendum di ieri hanno dato una risposta a tutte le fumoserie, “sogni” e mistificazioni dei predicatori della fulgida bellezza della società multiculturale, multietnica, multireligiosa, dei paladini dell’integrazione forzosa, degli apostoli del buonismo, di quel dialogo&confronto che, nella loro mente (e nei loro intenti) è sinonimo di ciò che popolarmente viene chiamato calamento di braghe. Non siamo la Svizzera, questo no.
Abbiamo altre e più vulnerabili frontiere, siamo soci del non esclusivo club di Schengen (abolizione dei controlli alle frontiere), siamo membri di un’Unione europea allargata a dismisura. Ma anche così, adattandolo alla nostra realtà, ciò che ieri ha votato la Svizzera è esattamente quello che fa al caso nostro. Al caso di un Paese quotidianamente alle prese coi problemi sollevati da una immigrazione selvaggia. Gli immigrati che si macchiano di reati come omicidio, stupro, traffico di droga, frode al sistema di sicurezza sociale, questo l’esito del referendum elvetico, verranno espulsi su due piedi. Riconosciuti colpevoli, inutile mandarli a ingrossare il già superaffollato sistema carcerario: sono rispediti a casa loro, a scontare la pena nelle patrie galere a confronto di molte delle quali le nostre, di galere, assomigliano più a un Gran Hotel.
È molto interessante notare che la controproposta referendaria bocciata proponeva invece di decidere caso per caso. Di non porre delle regole, ma lasciare che a decidere fosse il giudice. Una procedura molto ipocrita, molto italiana ed è questo che devono aver pensato gli svizzeri. Affidato il verdetto alla magistratura soggetta a frisson terzomondisti tutto sarebbe restato come prima. Ma per sua incommensurabile fortuna lì, in Svizzera, a decidere, a far politica perché questa è politica, è il cittadino, il popolo. Non la casta togata.

Da noi non è proprio così, ma non è detto che sull’esempio della Confederazione - che è democratica, rispettosa dei diritti umani, culla del primo no profit umanitario, la Croce Rossa - governo e Parlamento non possano fare qualcosa di simile e di buono: rimandare a casa l’immigrato che infrange la legge. Fini permettendo, naturalmente.

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