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E la seduzione diventò una cosa semplice

A ogni donna corrisponde un seduttore. La sua felicità sta nell'incontrarlo diceva Kierkegaard non sospettando che il primo ammaliatore dei nostri tempi è chi riesce a trasformare una tipa qualunque in una signora fuori dall'ordinario. Abilissimo in questo senso Tomas Maier, raffinato designer da un decennio alla direzione creativa di Bottega Veneta.
Ieri toccava i cuori non soltanto con il celebre motivo della colonna sonora di Un uomo una donna film di Lelouche uscito nel 1966 con un'affascinante Anouk Aimée ma anche con l'idea di una donna che ha bisogno di poco per esprimere il suo charme. «Un mix di controllo e passione, una silhouette pulita e semplice, materiali e sperimentazioni da laboratorio» dichiarava infatti prima di deliziare con la perfezione di pezzi divinamente tagliati, fra tuniche e piccole gonne, spolverini e abiti di linea ad A, in tessuti che sembravano usciti da un telaio artigianale e in colori densi come il diaspro, il topazio, la resina, l'opale di fuoco, il corniola, il granato. Inutile dire che tutto il contorno era di forte appeal: le borse di pitone dipinto a mano o in pelle di struzzo lavato, le scarpe Salomé stampate, bracciali e collane in pizzo d'argento decorati con occhi «dipinti».
Da un film a una celebre serie televisiva il passo è breve ma l'eleganza rimane quella con la E maiuscola. Maurizio Modica e Pierfrancesco Gigliotti non hanno avuto dubbi nel disegnare per Frankie Morello una donna dotata di quel buongusto che rendeva irraggiungibile lo stile delle nostre mamme negli anni Cinquanta. «Siamo affascinanti da quell'epoca e da quel tipo di estetica», dicevano all'unisono mentre in passerella sfilavano ragazze con divertenti pellicce in un tessuto da orsacchiotti di peluche, gonne a ruota e abiti a sirena, tailleur pantaloni di gusto maschile e abiti da sera su cui erano appuntati come decorazione preziosi becchi da parrucchiera. Un'ironica citazione dello stile Mad Man? Certo, anche perché la fortunata serie televisiva americana ambientata negli anni Sessanta, nei costumi fa riferimento allo stile sartoriale del decennio precedente.
L'ironia del resto ha un potere irriducibile e lo sa bene Rossella Jardini che per la collezione Moschino Cheap&Chic ha voluto cogliere l'esprit delle quattro capitali della moda e affrescare il carattere di altrettante ragazze: c'è la milanese che con la sua educata severità sceglie il classico cappotto di cammello ma si concede il vezzo di un fiocco. C'è la parigina, un po' sexy e un po' bourgeoise che sulla T-shirt da indossare con gonna di pelliccia applica una collana di perle trompe-l'oeil, c'è l'eccentrica londinese che usa il tartan rosso e nero con la T-shirt su cui è stampata la classica cabina telefonica e la newyorkese che non rinuncia al mitico chiodo alla Marlon Brando e al tailleur pantalone di felpa tagliato come un pezzo couture. Un bel viaggio punteggiato da deliziosi accessori: borse come cartoline, moon boot con tacco vertiginoso e cappelli di pelliccia spiritosi e deliziosi in parti uguali.
Meno caldo e divertente il viaggio di Sportmax nell'Europa del Nord. La collezione è apparsa, infatti, fredda come un inverno troppo lungo. Colpa delle fonti d'ispirazione cui dichiarava d'ispirarsi? Si partiva, infatti, dai film di Ingmar Bergman e dal lavoro di Arne Jacobsen, il più celebre designer danese, per approdare alle fiabe di Hans Christian Andersen.

Sta di fatto che il risultato non ci è apparso all'altezza delle precedenti stagioni: una serie di belle maglie non è riuscita a far dimenticare i colori un po' respingenti e le forme incomprensibili da saggio dell'ultimo anno di scuola di stilismo.

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