da Roma
Eppure è così ovvio che non dovremmo neanche star qui a dirlo. Invece no, nonostante il film sia lo stesso di 15 anni fa e le parole siano pure ben più assennate e caute di tante altre occasioni, si riapre come fosse un déjà vu il solito dibattito sullemergenza democratica. Sul banco degli imputati, ovviamente, la Lega e Umberto Bossi. Con tanti ringraziamenti dai diretti interessati, visto che. proprio grazie a chi predica indignazione, il Carroccio e le sue «gesta» sono sulle prime pagine dei giornali ormai da Ferragosto.
Passati tre lustri, il paradosso vero è che a giocare a guardie e ladri ci si è messo pure il Senatùr. Che, almeno stando al discorso integrale riportato ieri sulla Padania, a Ca San Marco la chiamata alle armi lha fatta davvero (la «brava gente» del Nord «il fucile non lo ha mai tirato fuori, ma cè sempre una prima volta»), salvo poi rettificarla 24 ore dopo ad uso e consumo dei giudiziosi e autorevoli sostenitori dellemergenza democratica. Che, nonostante la precisazione di Bossi, tirano dritto allarmati. Insomma, se ci può stare che alla ricerca di un po di visibilità la Federcontribuenti presenti una denuncia contro il Senatùr ipotizzando i reati di «propaganda ed apologia sovversiva» e «insurrezione armata», qualche perplessità la lascia il politologo Giovanni Sartori, che - così il titolo che apre pagina 2 de lUnità - invita a stare «attenti» perché «la Lega non è innocua». Un passo in più pure rispetto al ministro della Difesa Arturo Parisi, che ieri si diceva «spaventato» dal «mancato rispetto delle parole». Ma è proprio di questa alzata di scudi che a via Bellerio qualcuno si bea soddisfatto. Visto che anche nel quartier generale del Carroccio era più duno a dubitare che dopo 15 anni fosse ancora così facile conquistare il palcoscenico politico. Invece no, anche oggi lelenco di chi teme che dalle parole si possa passare ai fatti è lungo. Forse anche più di quando nel 1993 Bossi fece sapere ai magistrati che nella Lega sono «molto rapidi con le pallottole». Con tanto di corollario: «Dalle mie parti una costa 300 lire. Allora anche per me la sua vita vale 300 lire». Eppure un anno prima, nel 1992, il leader leghista non si era fatto mancare nulla: «Se temo il golpe? Se lo tentassero, glielo spazzeremo via in tre giorni. Che cosa ci vuole a far arrivare qualche camion di armi da Slovenia o Croazia?». La lista delle sparate è smisurata e necessariamente incompleta, visto che negli anni non cè stata festa di paese in cui il Senatùr non abbia minacciato di «metter mano alla fondina».
Eppure, il termometro dellindignazione continua a salire. Con lunica verà novità di Guido Papalia. Che, intervistato dal Corriere Veneto, invita a «non prendere sul serio» Bossi. Proprio il procuratore capo di Verona, che più volte ha indagato il Carroccio per «attività sovversiva», infatti, dice chiaro che «il contesto è cambiato».
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