Dopo anni di rimpalli il faticoso zigzagare della mappa del rischio sismico nella burocrazia italiana è finito. La cartina disegnata nel 2003 è un affresco in cui domina il tratto colorato che indica le zone a rischio: il 70% del paese è costretto a temere il terremoto, la bestia più subdola esistente in natura, visto che sette degli otto terremoti più devastanti hanno aggredito l’Italia tra il tramonto e le prime luci dell’alba, nelle ore del buio, quando avevamo la guardia abbassata.
Nella mappa, l’area colpita ieri è colorata di rosso vivo, segnale di rischio massimo che riguarda praticamente tutto l’Appennino dall’Umbria fino alla Calabria, oltre a due isole in Friuli e Sicilia.
Paradossalmente, a sbloccare l’approvazione della mappa che superava la carente legge del 1915 sul rischio sismico (secondo cui erano pericolose le zone dove si erano verificati terremoti) fu la tragedia di San Giuliano, il paese del Molise dove non crollò praticamente nulla tranne una scuola elementare in cui restarono uccisi una maestra e 27 bambini. Un caso, quindi, più di pertinenza dei giudici più che dei geologi.
Ora dunque sappiamo dov’è il pericolo. Ma questo non vuol dire che facciamo abbastanza per prevenirlo. «Non voglio parlare prima di verificare sul campo - spiega Raffaelle Funiciello, docente di Scienze geologiche dell’Università RomaTre - ma certo alcuni degli edifici crollati in Abruzzo mi sembravano di costruzione piuttosto recente». Ci sono, ad esempio, dubbi sulla Casa dello studente e su alcuni alberghi. Eppure, per sapere che la zona dell’Aquila è a rischio sismico non serviva la mappa geologica, bastava studiare la storia. Dal ’700 a oggi l’area è stata colpita da un terremoto distruttivo per ciascun secolo. E da novembre scorso gli aquilani ballavano al ritmo di uno sciame sismico che nelle ultime settimane si affacciava un giorno sì e uno no. «Di certo - conferma Funiciello - allo stato non c’è modo di prevedere questi eventi catastrofici. Però le misurazioni del Radon in relazione agli eventi sismici sono interessanti e sono già al centro di diverse ricerche in Italia. Ma la ricerca è una cosa, le applicazioni un’altra». Nella pratica l’urgenza è un’altra.
"E' sismico il 70% del territorio italiano"
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