E sulle riforme il partito si prende la rivincita sul Pd

RomaScavallare il Natale e attendere tempi migliori. Quando, magari, il dibattito politico non sarà più incentrato su una manovra che non solo non entusiasma l’elettorato di centrodestra ma, giorno dopo giorno, sta sempre di più allontanando Pdl e Lega. Al punto che dopo quasi due settimane in cui da via dell’Umiltà s’era preferito seguire una linea prudente e non conflittuale nei confronti delle accelerazioni del Carroccio, ieri per la prima volta il Pdl ha deciso in qualche modo di smarcarsi. D’altra parte, l’idea di alcuni sindaci leghisti di non far pagare l’Imu (definita «degna di approfondimento» da Roberto Maroni e Roberto Calderoli) non poteva passare sotto silenzio. Così, anche uno solitamente prudente come Angelino Alfano non manca di sottolineare che «le obiezioni di coscienza si fanno su temi di coscienza» e se si deroga a questo principio allora «ciascuno può fare obiezione di coscienza su tutti i temi dell’ordinamento giuridico italiano».
Il punto è che sia Silvio Berlusconi che lo stato maggiore del Pdl aveva messo in conto che non sarebbe stato facile dare il proprio sostegno parlamentare alla manovra e allo stesso tempo tenere insieme la base. Ecco perché l’obiettivo è «far passare la nottata», chiudere il capitolo manovra («se ci fosse la necessità di un immediato intervento correttivo ci sorprenderemmo molto», spiegava ieri Alfano) e passare al versante riforme. Possibilmente iniziando dal tema del lavoro, materia che divide certamente di più all’interno del Pd. Non a caso, ieri l’argomento è stato più volte rilanciato. Dal capogruppo al Senato Maurizio Gasparri che, pur assicurando che il Pdl «non vuole fare crociate» sulla questione, ritiene «essenziale» una «modernizzazione delle norme sul lavoro». D’altra parte, «l’azione del ministro Sacconi è sempre stata in questa direzione». E Gasparri cita espressamente «le riflessioni di Pietro Ichino», posizioni quelle del giuslavorista milanese che da tempo dividono il Pd. Anche Fabrizio Cicchitto spinge sul versante welfare. La modifica dell’articolo 18 - dice il capogruppo del Pdl alla Camera - è un tema che «sta nelle richieste dell’Unione europea che ci chiede di rendere il lavoro più flessibile». Il muro contro muro, aggiunge, «è sbagliato» ma «il governo deve confrontarsi su questo problema». E conclude: «Ricordo che una parte della manovra noi non la condividevamo, ma l’abbiamo approvata». Come a dire che se il Pdl si è turato il naso sulle misure anti-crisi del governo, ora tocca ad altri fare lo stesso. Ecco perché anche Gaetano Quagliariello dice di «prendere atto delle intenzioni dell’esecutivo di voler abbattere totem ritenuti intoccabili». Ora, conclude il vicepresidente vicario dei senatori del Pdl, «lo attendiamo alla prova dei fatti». E a chiedere di «aprire un tavolo per discutere ragionevolmente» sull’articolo 18 è l’ex ministro del Welfare Maurizio Sacconi. «Credo ci sia un nodo ideologico, ma - dice - nonostante tutto e al di là delle schermaglie penso anche che ci siano le condizioni per affrontare il modo in cui proteggere i lavoratori che perdono il posto di lavoro e incoraggiare nuove assunzioni stabili attraverso una regolamentazione meno rigida».
Un argomento, quello della riforma del lavoro, su cui nel Pdl le posizioni sono sostanzialmente convergenti.

E che per il Pd rischia invece di essere una vera e propria bomba ad orologeria. Non solo al suo interno, ma soprattutto nei rapporti con la Cgil e Sel. Come la pensino Susanna Camusso e Nichi Vendola non è infatti un mistero: sull’articolo 18 hanno già fatto sapere che non faranno sconti.

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