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E torna il pioniere Brian Eno

Milano Intanto non si riesce: impossibile definire Brian Eno e neanche il nuovo cd (in uscita all’inizio di novembre) ci riuscirà fino in fondo. Si intitola Small craft on a milk sea (su Warp Records), è il primo interamente a nome suo dopo cinque anni, lo compreranno in pochi, almeno se ci si limita alla banale contabilità di mercato. Ma lo ascolteranno tutti quelli che contano, che fanno musica o la producono o la amano e basta perché Brian Eno, nato nel grigissimo Suffolk sessantadue anni fa, è il più influente di tutti.
A lui vezzosamente piace definirsi «musicista non musicista», qualcuno lo chiama «stratega obliquo» ma nessuno è ancora riuscito ad arginare una vena creativa così dilatata ed entusiasta da restare vivida per quarant’anni fino a oggi. Era nei Roxy Music, poi è passato attraverso la trilogia berlinese del dandy elettronico David Bowie, è stato il Quincy Jones degli U2 in Unforgettable fire e The Joshua Tree, ha lavorato con tutti, realmente tutti, dai Coldplay e Laurie Anderson fino a Teresa De Sio, cioè quella che «non ho mai sentito una cantante suonare così tante note». Ma è tanto sfuggente da essere diventato un personaggio solo per interposta musica, producendola o guidandola o commentandola sempre, o quasi, dietro le quinte, guai a mettersi troppo in primo piano. Tantissimi, ma veramente tanti, l’hanno ascoltato senza saperlo perché, così per dire, dal 1987 al 1999 la sigla del Tg3 era stata composta da lui. Ed è suo pure il jingle che parte all’avvio di Microsoft Windows 95, che dura tre virgola venticinque secondi e che da allora, a lui abituato anche a lunghe suite, fa sembrare le canzoni da tre minuti come interminabili «oceani di tempo». E di sicuro in quegli oceani affonda anche l’inquietante 2 forms of anger del nuovo disco (si può ascoltare qui e là in streaming sul web, anche su brian-eno.net) che ha un beat clamoroso stralciato in due da una chitarra filtratissima e sofferente.

E il piano di Emerald and stone oppure il mix di noise di Horse che vagamente ricorda anche la non music di Richard David James detto Aphex Twin, sono piccoli gioielli che per fortuna sfuggono alle parole e hanno soltanto bisogno degli occhi chiusi e perciò capaci dio guardare più in là. Anche magari sognando.

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