E a viale Mazzini c’è l’allarme amianto

Nel palazzo di Viale Mazzini c’è l’amianto. La notizia, che ufficiosamente circolava da anni nei corridoi, è scritta nero su bianco in due lettere interne di cui Il Giornale è entrato in possesso. La prima è stata scritta dal Responsabile per la sicurezza dei dipendenti, Mauro Giovannetti, ed è datata 16 dicembre: si fa riferimento a uno studio condotto dall’Istituto di medicina del lavoro della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma che certifica la presenza di amianto nell’edificio di Viale Mazzini 14 che ospita la sede della Rai, dove lavorano oltre 2mila dipendenti. Nella seconda, avente come oggetto «eliminazione amianto dall’immobile di Viale Mazzini, n.14 in Roma», i dipendenti hanno chiesto ufficialmente alla Rai di prendere provvedimenti.
«Negli ultimi nove anni - scrive Giovannetti citando il rapporto - si è verificato un notevole incremento della velocità di degrado del coibente... Infatti, le coibentazioni in fibra di amianto fioccato dopo circa vent’anni, a causa del deterioramento del collante e delle continue micro-vibrazioni derivanti principalmente dal traffico automobilistico, senza considerare le vibrazioni dovute a fenomeni naturali che per quanto rari nell’ultimo periodo sono stati più intensi, cominciano a presentare punti di perdita di aderenza».
Tecnicismi a parte, cosa significa che «non si può escludere il pericolo di un inquinamento da fibre d’amianto aerodisperse, in quanto l’isolamento costituito dal pannello di faesite, posto sopra le doghe del controsoffitto, non impedisce più ai frammenti di coibentazione distaccatisi di raggiungere l’area del locale sottostante».
Insomma, i soffitti della sede Rai trasudano amianto, una sostanza la cui pericolosità è ormai conclamata. La fibra di amianto è minuscola, «non superiore a cinque millesimi di millimetro», se inalata non viene espulsa e provoca l’alveolite, l’irritazione degli alveoli. «Sembra che questo sia il primo passo - scrive Giovannetti - per l’instaurarsi di lesioni cicatriziali e quindi di una vera e propria asbestosi, una malattia che all’inizio assomiglia a una più innocua malattia respiratoria: affanno, prima da sforzo e poi anche a riposo, tosse secca, debolezza dovuta alla riduzione della quantità di ossigeno che dagli alveoli passa al sangue».
Tutto è legato al periodo di esposizione e all’amianto inalato. La malattia può anche arrivare a un periodo di incubazione di 40 anni. Ma questo non ha impedito a molti dipendenti di collegare, anche se al momento non c’è alcuna prova che lo dimostri, l’esposizione di amianto al decesso di una ventina di dipendenti Rai negli ultimi due anni su 20mila dipendenti. Scomparsi, giovanissimi, per tumori ai polmoni o altre patologie cancerogene.

Uno degli ultimi casi è quello della funzionaria Chiara Fioretti che, in sei mesi, dai primissimi sintomi (una banale tosse secca), è morta. Vita normale, niente fumo e tanto sport, uccisa a 39 anni da un tumore ai polmoni nella disperazione dei colleghi. Che prima ancora di chiedere giustizia vogliono sapere la verità.
felice.manti@ilgiornale.it

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