Ecco il film tenero coi graffitari «Vogliamo solo spazi illegali»

«Li considero partigiani contemporanei» spiega il regista Giancarlo Scarchilli. Da venerdì nelle sale

da Roma

Non ci sono i soldi per rifare le strade, però la capitale trova i quattrini (duemila euro) per mettere ottomila metri quadrati di muri legali a disposizione dei graffitari. Ieri e oggi, infatti, «muri liberi» di grandi dimensioni aperti a tutti e «muri personali» più piccoli assegnati per tre mesi a un solo writer garante per sé e per il proprio gruppo imbrattatore (i radical-chic del Campidoglio dicono crew), potevano essere aggrediti con le bombolette spray per otto chilometri di Roma. Magari per siglarci, col «rosso clandestino», colore dominante nei murales, una gonfia ZTK, che sta per «Zozzamo Tutto Kuanto», però negli spazi metropolitani comodamente destinati in Rete.
È «Roma magistra artis», l’ultimo progetto di Walter Veltroni, che non venendo a capo della sicurezza o del decoro dell’Urbe sgovernata, tenta la via del patto con gli artisti di strada. Mentre cerca il dialogo con i clandestini della bomboletta (si chiamano wall artists, artisti della parete), che con le loro scritte vandaliche danno filo da torcere alle squadre del Decoro urbano, Veltroni dovrebbe correre a vedersi Scrivilo sui muri, ennesima commedia giovanilistica (da venerdì nelle sale), stavolta sul mondo dei writer, una commedia costata tre milioni, parte dei quali erogati dal Fondo per la Cultura.
Perché in questo film generazionale, dove i quasi trentenni Cristiana Capotondi e Ludovico Fremont ancora se la giocano a liceali incompresi dalla società borghese, troverebbe risposta a tanto vacuo buonismo. «Tu ci andresti a pescare in un posto dove ci buttano i pesci? Dove ci pare e quando ci pare!», sentenzia Bronks (interpretato da Mattia Braccialarghe, nella vita vera cameriere a Trastevere), rivolgendosi ai compagni di spray, per incitarli a prendersi l’intera città, bomboletta alla mano, perché «non c’è museo più grande e più visitato». In effetti, spiega più cose sulla (sub)cultura popolare di strada il film di Giancarlo Scarchilli, già assistente di Sergio Citti e di Vittorio Gassman e qui al suo terzo lungometraggio (dopo Mi fai un favore e I fobici) di mille campagne per il decoro. Primo: i giovani che scrivono sui muri seguono i dettami del rocker Vasco Rossi e vogliono «una vita maleducata/che se ne frega di tutto/siii», alla faccia d’ogni politica più o meno apertamente repressiva.
Tant’è che Sole (Cristiana Capotondi), gradevole ragazza ricca, la cui madre assente (un’ inspiegabilmente invecchiata di botto Anna Galiena) è causa di malessere esistenziale, nonostante sia fidanzata con un’aspirante avvocato (Davide Silvestri), carino quanto lei e ponderato quanto basta, s’imbranca con quattro writer, amandone lo stile di vita. Invano la cantante Dolcenera, qui nel ruolo dell’amica di Sole, la invita a lasciar perdere quegli «sfigati che si atteggiano a diversi, perché lasciano quattro cazzate sui muri». A lei, che sul motorino traversa imbronciata la solita Roma morettian-ozpetekiana (il gasometro, il lungotevere, il Tevere), piace filmare le gesta notturne dei nuovi amici, ora impegnati a fumarsi lo spinello, ora a rubare da un ferramenta («Le bombolette vanno rubate! È un fatto di coerenza», osserva Bronks).
«C’è qualcosa di sotterraneo nel mondo dei writer, partigiani contemporanei. Il mio film, che non è a tesi, è sui sui ragazzi, non li giudica, vuole osservarli. Mi piace pensare di poter offrire loro una visibilità, così come Citti e Gassman offrirono una possibilità a me, ventenne senza mezzi. Scelsi la Capotondi nel 2004 e il successo di Notte prima degli esami traina. Perché Dolcenera? Ha una faccia curiosa», spiega Scarchilli, che girerà il seguito di Scrivilo sui muri, se gli incassi lo incoraggeranno. «Il film non offre spunto per scrivere di più sui muri, ma per riflettere», precisa la Capotondi, che a novembre vedremo nei film I vicerè e Come tu mi vuoi. Forse l’attrice pensa all’invito di An, a bloccare il film per evitare emulazioni...

«Fossi una mamma, mi spiacerebbe vedere mio figlio incollato alla Playstation: i writer non fanno nulla di dannoso e l’involuzione nel privato mi preoccupa. E poi, preferirei parlare di Valentino Rossi, che fa grande l’Italia».

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