Politica

Ecco la fotografia che inchioda Ghira: nel ’95 era a Roma

La scattarono i carabinieri. Ma ora tra gli inquirenti si fa strada l’ipotesi che il mostro del Circeo sia morto

Massimo Malpica

da Roma

Aveva ragione Donatella Colasanto, la superstite miracolata dopo la notte di torture con i mostri del Circeo. Avevano ragione i testimoni che giuravano di aver visto Andrea Ghira girare per Roma, a onta della sua lunghissima latitanza ormai arrivata a più di trent’anni. La prova, ieri, è rimbalzata sugli schermi delle televisioni, portata dal Tg1 che ha mostrato una vecchia foto in bianco e nero, datata 16 novembre del ’95. Dieci anni fa. Un fotogramma che ritrae un uomo dalla folta barba nera mentre cammina su un marciapiede, le mani unite, un maglione addosso. A scattare la foto, in quell’ormai lontano giorno autunnale, furono i carabinieri del Ros, appostati di fronte alla casa di una prostituta in un quartiere settentrionale della capitale. Qualcuno, di fronte a quel viso, sobbalzò ricordando il «mostro» sfuggito alla cattura vent’anni prima. Ma la certezza che si trattasse di Ghira arrivò soltanto nel ’98, al termine di accurate analisi sull’immagine.
Dunque almeno una volta il boia del Circeo, scomparso nel nulla dal 1° ottobre del 1975, è davvero tornato a Roma. Ed è seguendo questa traccia che i magistrati capitolini Italo Ormanni e Giuseppe De Falco vorrebbero riportarlo nella capitale per fargli scontare la condanna per l’omicidio di Rosaria Lopez e il ferimento della Colasanti. Anche se sembra che, secondo uno dei filoni seguiti dagli inquirenti, Andrea Ghira potrebbe nel frattempo essere morto. Un’ipotesi, sempre secondo il Tg1, sostenuta anche dalla domestica della famiglia del latitante. D’altronde la comparsa in scena della foto, se spezza la catena di silenzio che andava avanti dal ’75 intorno alla sorte del criminale, lascia irrisolti dieci anni di latitanza, oltre a molte domande: se Ghira è ancora vivo, per esempio. E poi dove si nasconde, o quanto sa di lui la sua famiglia.
Proprio sul possibile ruolo giocato dai suoi parenti nel coprire le spalle all’assassino del Circeo sta insistendo in queste ore la procura di Roma. I due familiari di Ghira indagati per favoreggiamento giovedì, che secondo i sospetti degli inquirenti avrebbero forse agevolato le «gite» romane del ricercato, potrebbero essere interrogati molto presto. E i pm capitolini avrebbero intenzione di ascoltare anche altri congiunti di Andrea - sua madre, la zia, i fratelli - tenuti da mesi sotto intercettazione e al centro delle perquisizioni domiciliari di tre giorni fa. La polizia postale è al lavoro sulle memorie dei personal computer sequestrati, mentre proprio dalle conversazioni «spiate», peraltro, sarebbero emerse sia la presunta notizia della morte di Ghira che le coperture e gli appoggi logistici garantiti almeno in passato al boia del Circeo. Elementi decisivi per far virare l’inchiesta sul favoreggiamento, mentre mesi fa, all’inizio delle indagini, l’ipotesi di reato era di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Si cercava dunque traccia degli «affari sporchi» tenuti in piedi dal latitante, e i carabinieri avevano cercato di appurare se a garantire una rete di supporto a Ghira fossero stati anche soggetti legati ad ambienti eversivi dell’estrema destra della capitale.

Gli stessi contatti che, prima di darsi alla macchia, l’assassino aveva già allacciato e che, nelle sue visite «da turista» a Roma, come quella documentata del ’95, avrebbe potuto alimentare.

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