Ecco i nuovi ciellini: gli under 40 nauseati dalle beghe politiche

nostro inviato a Rimini

E se l’edizione 2010 del Meeting di Rimini fosse quella della riscoperta dei ciellini? Il sospetto viene quando si percorrono le trame e i nodi della galassia che fa capo all’organizzazione religiosa più importante del Paese. Il ciellino doc, o almeno la rappresentazione che ne è stata fatta per anni, è merce rara. Forse non è una novità, ma è sempre più difficile inquadrare i circa 3mila volontari nei canoni classici della militanza cattolica che si fa politica. I ciellini non sono uno stereotipo. Meglio, appunto, pensare a tanti rapporti di amicizia che si intrecciano, spiega chi non si è perso un’edizione dal 1980. E a un ricambio talmente veloce (il 64 per cento è sotto i 40 anni e il 24 per cento non era nemmeno nato nell’anno della prima edizione) da non permettere a nessuna generazione il monopolio del Meeting.
Se il ciellino in stile Novecento non c’è più è anche perché il Meeting si è globlalizzato. Non perché ha subìto la globalizzazione, nemmeno perché qualcuno ha cercato, come è successo per altre organizzazioni, di tamponare un’emorragia di simpatizzanti ricorrendo agli stranieri. Il fatto è che Comunione e liberazione in questi anni ha fatto di tutto per internazionalizzarsi. E ci è riuscita a tal punto che, tra spagnoli che si improvvisano camerieri, egiziani che si impegnano nell’organizzazione, irlandesi che si muovo con la disinvoltura di chi è di casa e taiwanesi che conoscono a memoria gli scritti di Don Giussani, l’edizione 2010 sarà totalmente internazionale. Novità apprezzatissima anche dagli italiani, a caccia di novità esotiche e anticonformiste, a patto che non assomiglino agli esperimenti multiculturali cari alla sinistra. Ecco quindi cos’è il Meeting, evento con il marchio brianzolo (come il fondatore Don Luigi Giussani scomparso nel 2005) dove capita di trovare un padano che intona «Luntane, cchiù luntane», canto abruzzese che si sentirà moltissimo in questi giorni.
Una cosa non la vogliono proprio sentire i ciellini. L’accusa di essere eterodiretti, di farsi dettare dai capi gusti e scelte, siano politiche o di vita, è respinta in toto da Otello Cenci, da anni responsabile degli spettacoli del Meeting. «Più che eterodiretti direi eterogenei. E questa situazione è rappresentata benissimo dalla mia difficoltà nel comporre un cartellone di spettacoli che risponda alle diverse esigenze e ai diversi gusti. Non ci sono generi preferiti». Nessuno impone niente, quindi. Ma nemmeno il Meeting è rimasto immune dalle star che nascono su internet e poi diventano protagoniste dello show business, visto che vi suonerà Naomi Terra, cantautrice lanciata su «Youtube». Che Cl sia impermeabile al mondo esterno non lo pensa nessuno. È invece una convinzione diffusa che quello di Rimini sia un appuntamento tutto politico. Il primo «congresso» dopo la pausa estiva. Niente di tutto ciò. Ci sono, tra i ciellini, le preferenze politiche per il centrodestra che, anche in questi mesi di confusone, non vengono scalfite. Poi antipatie diffuse.
I finiani, ad esempio, non godono di buona stampa tra i volontari del Meeting. E il problema non è tanto la nascita del gruppo parlamentare di Fli, quanto il fatto che al presidente della Camera è legata l’idea di un relativismo culturale di destra che loro detestano almeno quanto quello dei cattolici che militano nella sinistra. Certo, all’intergruppo sulla sussidiarietà presieduto da Giorgio Vittadini, vera anima politica di Cl, partecipa anche Enrico Letta, esponente cattolico del Pd. Però dalle parti del Meeting è più facile incontrare un laico doc come Ugo Sposetti, che ai ciellini sta più simpatico perché sanno cosa è, un socialdemocratico laico, e per questo ci possono dialogare. Fino a poco tempo fa era di casa anche Pier Luigi Bersani, ma quest’anno non ci sarà. Il fatto è che di politica, o meglio di beghe di partito, i ciellini non ne vogliono sentire parlare. Se c’è una differenza tra i ciellini vecchio stile, quelli degli anni Ottanta, è proprio questa.

La fascinazione per tattiche e strategie di combattimento nell’arena pubblica non è più cosa da popolo di Rimini. Di ministri ce ne saranno tanti ai dibattiti della sette giorni di Rimini. Ma se vorranno stare dentro il gioco, assicurano i dirigenti, sarà meglio che parlino molto di temi e problemi e poco di politica.

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