Ecco Leonardo allenatore: «Fidatevi, mi manda Carletto»

In casa Milan è il giorno degli annunci solenni e delle verità mai dichiarate. Persino le più scomode, sulla data dell’accordo a tre Milan-Ancelotti-Chelsea, per esempio, o sullo stato dell’arte dell’affare Kakà, possono essere declinate senza reticenze. «Due mesi fa abbiamo raggiunto con Ancelotti l’intesa in totale accordo, evitando di dichiararla in pubblico per proteggere la squadra impegnata nel raggiungere il terzo posto» è la frase simbolo pronunciata da Adriano Galliani. Cadono perciò tutte le ricostruzioni fantasiose, il Berlusconi feroce che liquida Ancelotti costretto a saltare all’ultimo momento sul treno del Chelsea, porte sbattute. «Si è deciso così, io sono stato in mezzo tra Galliani e Ancelotti, alla fine Carlo ha preso la decisione, gli auguro successo col Chelsea» la benedizione di Silvio Berlusconi che ha poi smentito ogni ipotesi di cessione della società: «Notizia completamente staccata dalla realtà».
È stata una bella pagina di calcio e di vita, quasi una fiaba, come se ne vedono poche in giro. «A Firenze ho visto Gattuso piangere, gente con i lucciconi, al ritorno a Milano siamo andati a cena in quattro, io, Leonardo, Ancelotti e Braida, abbiamo anche fatto la formazione...» l’altro dettaglio. «Vedere Ancelotti sul sito del Chelsea, con quella maglia mi fa un certo effetto», confessa Galliani prima di rendere l’onore delle armi all’uomo finito a Londra. «Con tutti quegli infortuni che ci son capitati, poteva finire peggio» la sua convinzione.
IL RACCOMANDATO Ecco il nuovo che avanza, si chiama Leonardo, contratto di 2 anni, «un altro Capello» secondo la definizione del presidente, «Berlusconi non ha mai sbagliato con l’allenatore» ricorda il manager. «Mai pensato a un altro allenatore» puntualizza Galliani a cui piace il tratto di aziendalista, tanto che conserva la scrivania in via Turati, conferma al suo fianco Tassotti, Tognaccini, Vecchi, Fiori e due tattici, Maldera e Castellazzi, per il settore medico si vedrà. «Sei fortunato caro Leo, con Capello andò peggio, fu accusato di essere il maggiordomo di Arcore» il ricordo del precedente clamoroso. Leonardo è lì, al suo fianco, vestito di scuro, il ciuffo pettinato, un briciolo di tensione, mai una parola fuori posto, grande affabulatore della platea dei cronisti e la voglia di non sbilanciarsi molto sul prossimo Milan, legato a filo doppio al destino di Kakà. «Sono stati Ancelotti e mio figlio a convincermi ad accettare questa sfida» è la verità scodellata con la prima risposta, come a ricostruire il suo tormento, prima il sì di slancio all’idea «di allenare il Milan o il Brasile», poi la marcia indietro, spaventato dalle tensioni da sopportare. «Devi farlo» la frase destinata da Carlo a Leonardo nelle settimane passate quando le telecamere li scovavano, uno al fianco dell’altro, in panchina, a riflettere. E adesso Leonardo è qui, pronto a lanciarsi nella mischia dopo essersi chiesto, brutalmente: «Ma sono l’uomo giusto?». Con una serie di novità che possono provocare qualche sfottò e l’inevitabile dibattito estivo. «Io andrò in tuta sul campo, lavorerà molto Tassotti come allenatore, ma voglio soprattutto gestire, grazie alla struttura del Milan, di altissimo livello, avremo una visione più scientifica delle partite», di qui la presenza dei due tattici che devono collezionare dati, caratteristiche, segnalazioni sui rivali, «non vogliamo inventare niente, ma acquisire il maggior numero di informazioni».
IL MIO NUOVO MILAN Diversa sarà soprattutto la preparazione. «Anche quella fisica nella quale Milan Lab ha grandi margini di miglioramento e poi quella tecnica: subito il pallone dal primo giorno, questa è la mia idea di fondo» promette Leo che si mette sulla traiettoria del calcio inglese e del metodo Mourinho. Il suo modello non è il Barcellona, appena salito sul trono d’Europa, «che pure è molto bello da vedere». «Io mi ispiro a Tele Santana, il ct del Brasile ’82, la migliore nazionale del Brasile che non vinse il mondiale ma fu un’opera d’arte, con centrocampisti del valore di Falcao, Cerezo, Socrates, Zico e due laterali, Leandro e Junior, che attaccavano a tutto spiano» l’omaggio calcistico e patriottico. Lo rivela guardando negli occhi Daniele Massaro che gli siede di fronte e che fu esponente di quell’Italia gagliarda e campione del mondo. Non gli farà velo l’amicizia né la complicità con i brasiliani di Milanello, Ronaldinho in cima alla lista. «Ha avuto un semestre positivo che ha lasciato il segno, poi l’infortunio lo ha allontanato dalla forma e dal Milan. Ha capito che senza adeguata condizione fisica lui patisce il calcio italiano, ha voglia di restare, di rifarsi e di tornare ai livelli del Pallone d’oro», la garanzia travestita da speranza di Leonardo. Che ha anche una simbolica graduatoria di grandi allenatori cui rendere omaggio: «Il primo della lista è Capello, il migliore al mondo forse, caso unico, poi Ancelotti, ho avuto a Valencia Hiddink, ed ero rimasto stregato dal suo calcio offensivo, inserirei anche Mourinho, che pure ha un dna diverso dagli altri».
LA SPINA KAKÀ Di tutto si può parlare, tranne che di un dettaglio decisivo. Perché sul conto di Kakà, richiesto dal Real Madrid, non c’è una frase di quelle secche, perentorie. «Normale che abbia offerte», chiosa l’allenatore, suo amico intimo. «Cercheremo di resistere all’assalto», la promessa di Galliani, dopo aver recitato il rosario della concorrenza sleale esercitata dal sistema fiscale spagnolo. L’assalto del Real c’è, allora, anche se l’offerta, 65 milioni, è lontana dal traguardo. Piuttosto la sorpresa o la novità dello scenario milanista è la seguente: «Le uniche richieste pervenute sono per Kakà e Pato, non per Pirlo o Seedorf» il chiarimento successivo di Galliani. Semplice identificare l’acquirente: il Chelsea, prima dell’avvento stesso di Ancelotti. «Confido nella saggezza di Berlusconi, lui vuole vincere, non vuole fare soldi con il Milan» è il commento di Roberto Maroni, ministro dell’Interno e milanista doc. Leonardo non può che restare in attesa degli sviluppi. «Io mi auguro che rimanga», aggiunge Leonardo. Perché impostare il suo Milan con o senza Kakà non è una differenza da poco. E sul mercato più che un centravanti chiede «uno che spinga sui lati», un Serginho, per capirsi. Potrebbe essere Srna, che ha vinto l’Uefa con lo Shakhtar.

Fosse per Galliani si potrebbe chiudere qui o col messaggio riferito a Milan Channel destinato ai tifosi. «Avremo 6-7 uomini nuovi», annuncia. «Basterebbero Nesta, Gattuso, Borriello e Thiago Silva» chiosa Ariedo Braida. E non ha torto.

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