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Ecco l'università dove laurearsi per gioco studiando seriamente

Viaggio nell'unico ateneo del settore: «Questo diploma non è uno scherzo. E produce lavoro»

Marco Lombardo

Roma «Prima di tutto una cosa: qui non si gioca». Walter e Vittoria ti guardano con l'aria che non ammette dubbi, e se non fosse che sei in un'università che insegna a lavorare nel mondo dei videogame diresti che è tutto normale. Ma in effetti lo è: in mezzo alla quiete del Link Campus University, in una villa con giardino recuperata per farla diventare un pozzo di scienza, esiste l'unico ateneo italiano riconosciuto dal Miur in cui i videogiochi diventano materia di studio. Duro studio. Il tutto grazie all'impegno della VIGAMUS Academy, nata e cresciuta grazie all'idea e la passione di Marco Accordi Rickards, che di professione fa il giornalista e di mestiere il visionario. Perché ci vuole una visione far nasce una Fondazione «per promuovere la cultura del videogioco, proteggere la sua eredità culturale, valorizzare le forme espressive e artistiche in cui vive» (anno 2013), e quindi un Museo (sempre a Roma), una conferenza internazionale (la Gamerome) e appunto un'università vera e propria. Che, aperta nel 2014, arriva quest'anno ad avere tutti i cinque anni completi di aspiranti professionisti del settore.

I corsi di laurea sono in «Comunicazione Digitale con indirizzo Videogiochi» (primi tre anni) e in «Tecnologie e linguaggi della Comunicazione con indirizzo Videogiochi» (quello magistrale). Walter e Vittoria sono due tra i circa 200 studenti che si alternano nella sale piene di computer, in un'università sì privata - VIGAMUS Academy costa circa 7000 euro l'anno con alcune possibilità di agevolazioni- ma che dà anche la sicurezza di entrare in contatto con le aziende del ramo: «Qui - racconta il Fondatore - chi non ha voglia si perde per strada, chi arriva in fondo sa che i suoi sforzi saranno premiati». Per esempio quelli di Stefano, che dopo una laurea in Comunicazione all'Insubria di Varese, ha fatto il percorso inverso rispetto a quello di tanti studenti e si è calato a Roma per la Magistrale: «Cercavo qualcosa di diverso e l'ho trovato: la comunicazione nel mondo dei videogame è una materia che non si trova da nessun'altra parte». Risultato: frequenta il quinto anno, intanto però la Warner lo ha già assunto dopo regolare colloquio. «E per fortuna alla VIGAMUS alcune lezioni si tengono sabato e domenica, così posso frequentare».

Già, perché imparare a produrre un videogame non è affatto uno scherzo: ci sono sceneggiatori, modellatori, game designer, sound designer, sviluppatori di app, specialisti in realtà virtuale. Per progetti che a volte impiegano centinaia di persone anche per tre o quattro anni. Così Walter racconta che la sua strada l'ha trovata durante una fiera imbattendosi nello stand che promuoveva i corsi: «In famiglia erano perplessi, ma vista la mia grande passione alla fine mi hanno agevolato». Meglio ancora è andata a Vittoria, «perchè mia mamma è una videogiocatrice accanita e fin da piccola mi ha ispirato e aiutato». Entrambi, ora al quarto anno, fanno da leader («in realtà il capo è Vittoria...» spiega Walter, lei che si vuole specializzare come sound designer nel genere horror) nei laboratori facoltativi che si aggiungono alle lezioni di star del ramo come il canadese Dennis Dyack, il tedesco Frank Sliwka e gli italiani Luca Daccò e Francesco Roccucci, quest'ultimo a capo a Francoforte della produzione di un gioco che si chiama Star Citizen e che ha raccolto 200 milioni di budget in crowdfunding. Ed entrambi, insieme a Stefano, raccontano che certi amici non li prendono ancora troppo sul serio: «Pensano che siamo qui solo a divertirci: c'è molta curiosità». Magari anche un po' invidia, «ma più per i numeri che questa università sta realizzando. In pratica: noi in lavoro sicuro ce l'avremo...».

E non sarà (solo) per gioco.

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