Ecco il medico che cura i pazienti con il contapassi

Ecco il medico che cura i pazienti con il contapassi

nostro inviato a Carpi (Modena)

Il professore sta in mezzo al verde del suo centro di ricerche biomediche, all'ingresso della città. Campi di calcio, di rugby, di golf. E tanti studenti ovunque. Da qualche mese Francesco Conconi non è più rettore dell'università di Ferrara: a 73 anni, con piena soddisfazione, può finalmente dedicarsi completamente al sogno di una vita. Più o meno, questo: curare la gente comune con la medicina meno tossica e meno costosa del mondo, il movimento.
Per noi del Giro, la visita è una deviazione di pochi chilometri, durante una stracca tappa emiliana, che aspetta soltanto uno sprint. Il «Prof» è sempre uguale a se stesso: un uomo molto semplice, molto giusto, molto arguto. Tutto il mondo ci invidia questo scienziato, anche se l'Italia lo conosce soltanto per le stucchevoli discussioni sulle tecniche di allenamento al fianco di campioni come Moser e la Di Centa. Certa brava gente l'ha dipinto come oscuro e truce alchimista, senza ovviamente conoscerlo mai di persona. Storie nostre, molto italiane. In realtà, lui è sempre rimasto qui, nella sua università, alla luce del sole. Amato da sportivi e da studenti. Cantando nel coro della parrocchia ed elaborando continuamente ricerche d'avanguardia...
All'ultima tiene come si tiene alla creatura prediletta. Ci sta lavorando da anni. Adesso ha trovato l'appoggio dell'assessore regionale alla salute, Giovanni Bissoni, e dei dirigenti delle due aziende sanitarie ferraresi, Riccardo Baldi e Fosco Foglietta. Quanto prima il progetto sarà definito nei dettagli e partirà. Per l'Italia, qualcosa di unico. Provo a dirlo con parole mie, sperando che il «Prof» non dia più voti: i medici di famiglia, anziché prescrivere medicine compilando ricette, prescriveranno moto. Ma non in modo generico e fumoso, come capita di solito. Lo faranno in modo rigoroso, controllando e misurando i risultati. La provincia di Ferrara ha 350mila abitanti: si comincerà con un mega-campione di 10mila persone. A tutti, un libretto d'istruzioni e un «contapassi»: periodicamente, come si misurano peso e pressione, il medico verificherà se la prescrizione è rispettata. Dopo un anno, si tireranno le prime somme. Poi, il tempo dirà: può davvero darsi - e questo è il sogno di Conconi - che poi il modello Ferrara diventi un modello per tutta Italia. Con inimmaginabili guadagni in anni di vita e inimmaginabili risparmi nei bilanci della pubblica sanità.
Ascoltando le grandi linee del piano, già mi sembra di capire quali saranno gli avversari veri del «Prof»: le case farmaceutiche, la pigrizia degli italiani, la diffidenza dei medici. Conconi sorride: «I problemi e le resistenze nascono sempre. Ma sono sicuro che li supereremo».
Prima di tutto, ovviamente, bisogna convincere i medici che prescrivere movimento è una cura molto intelligente e molto efficace. Conconi li ha addestrati nelle ultime settimane: sono 350, in città e provincia. Come li ha convinti? Accende il computer, mi mostra quello che ha mostrato loro. «Non racconto cose mie, che magari sono un povero fissato. Sono studi di livello mondiale...».
Parlano della vita sedentaria come di una malattia. Infarto, grane vascolari, ictus, colesterolo, diabete, cancro al colon e alla mammella, depressione, osteoporosi, artrosi: tutto aggravato dall'inattività fisica, tutto attenuato dal movimento. Meno settanta per cento di tumori al colon e di ictus, meno ottanta di malattie coronariche, meno novanta di diabete. Cita lo studio americano del 2003, dove si quantifica in 710 miliardi di dollari il costo annuo della pigrizia sociale. Cita lo studio su 2357 persone che nell'81 avevano 72 anni: dopo 25 anni, nel 2006, erano vive in 970. Mi chiede: «Secondo lei, erano quelle con vita più sedentaria o meno sedentaria?». Non rispondo nemmeno. Cita ancora lo studio italiano su duemila gemelli, metà fermi e metà dinamici: in quelli che si muovono, le protezioni dei cromosomi (imparo il nome: telomeri) sono molto più integre. Cita lo studio del diabetologo toscano De Feo, che ha fatto muovere 200 diabetici: in un anno, per ciascuno si sono risparamiati 660 euro. Mi chiede: «Se pensiamo che in Italia il 7 per cento della popolazione è diabetica, riesce ad immaginare quanto si potrebbe risparmiare in un anno?».
Frullato dalle informazioni, mi risulta molto chiara una cosa: muoversi è una grande medicina. Ma c'è un problema: donne e uomini comuni potrebbero spaventarsi all'idea di doversi inventare atleti. O no? «No. Non bisogna avere il minimo timore. Nessuno deve mettersi a fare follie. Il medico di famiglia lo spiegherà chiaramente. Ognuno deve fare quello che può. L'importante è che lo faccia». Mediamente, quanto? «Per ottenere risultati, mezz'ora al giorno - anche divisa in due quarti d'ora - per cinque giorni alla settimana». Vale anche il passeggio in centro per vetrine? «No. Dev'essere un passo svelto. Una vera camminata, non una finta».
La lezione, purtroppo, si chiude qui. Molto sedentariamente, bisogna risalire in macchina per tornare nel Giro. Saluto il «Prof», promettendo diligentemente di rimettermi presto in movimento sul serio, senza macchina. Sorride. «Veda lei. Legga qui...». Mi mostra una frase che fa da salvaschermo sul suo computer.

È di un grande fisiologo svedese, Olaf Astrand. Dice: «Quelli che pianificano una vita sedentaria si facciano prima vedere da un medico, per sapere se il loro cuore può reggerla». Non mi è chiaro se sia più una battuta o una minaccia.

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