La battuta era quasi scontata: «La madre di tutte le intercettazioni». Dal cilindro della difesa di Luciano Moggi al processo di Napoli sbrigativamente soprannominato Calciopoli, gli avvocati hanno estratto due conversazioni telefoniche, tra quelle «dimenticate» dagli inquirenti, che tirano ancora una volta in ballo Giacinto Facchetti e il designatore arbitrale Paolo Bergamo. Al di là della valenza delle intercettazioni, dell’entità del «regalino» citato in una e della controversa trascrizione dell’altra - chi è stato a fare il nome di Collina come arbitro gradito? Bergamo? Facchetti? (l’ascolto del file audio indica il primo) - il colpo a sorpresa la difesa di Moggi l’ha piazzato. Ha dimostrato in maniera incontrovertibile che con i designatori comunque parlavano tutti, tutti discettavano di griglie arbitrali, tutti avevano da lamentarsi di questo o quell’arbitraggio. Non è una questione di «tutti colpevoli, tutti innocenti». Semplicemente la conferma che non esistevano società e dirigenti immacolati «con uno sguardo fra il dolce e il severo» incapaci di trovare arbitri amici. Certo, il divario numerico tra i contatti Moggi-designatori (450 telefonate) e quello degli altri dirigenti è abnorme. Ma sotto l’aspetto penale la difesa Moggi ha indubbiamente riaperto la partita, ancora tutta da giocare. Ma, una volta che la signora Casoria, presidente della corte napoletana che deve giudicare Calciopoli, si sarà espressa, resta una domanda: che incidenza hanno queste «rivelazioni» sullo sport? Fossero state note ai tempi dei primi procedimenti aperti dalla procura federale, probabilmente - se non sicuramente - avrebbero comunque cambiato la geografia del campionato.
Il calcio, a questo punto, non può più fare come le tre scimmiette e deve prendere atto che va almeno ridiscussa l’assegnazione all’Inter dello scudetto 2006 con «atto discrezionale» dell’allora commissario federale Guido Rossi. È un modo anche questo di far pulizia nel pallone. E buon Mondiale a tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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