Ecco perché a Barack piace così tanto Silvio il mediatore

nostro inviato all’Aquila

Silvio Berlusconi tira le somme della seconda giornata del G8 e, ancora una volta, si congeda a tarda sera dai grandi del mondo decisamente soddisfatto. In Italia sono in molti ad aspettarlo al varco, in attesa della gaffe da prima pagina o della domanda che finalmente lo possa mettere in imbarazzo davanti ai media di tutto il globo. Il Cavaliere pare quasi non curarsene e, sebbene sul volto si colgano i segni della stanchezza, in conferenza stampa attende paziente le domande. Sette in tutto, sebbene fossero tre quelle inizialmente previste. Nessuna sulle vicende che nelle ultime settimane sono state al centro del dibattito politico-gossipparo in Italia. E soprattutto nessuna da parte della stampa estera, tanto agguerrita sulla carta ma piuttosto silenziosa nei fatti.
Anche il secondo round, dunque, si chiude decisamente a favore di Berlusconi. Che porta a casa le lodi della Cina per il suo «ruolo di moderatore» ma incassa pure i ringraziamenti dell'amministrazione americana per essersi speso come presidente del G8 per quello che può essere considerato il primo accordo sul clima tra Stati Uniti ed Europa. Certo, restano i forti distinguo di Cina, India e Russia e la questione sarà affrontata tout court solo nell'appuntamento di dicembre a Copenaghen. Ma dopo il fallimento di Kyoto è difficile sostenere che l'intesa di L'Aquila segni il passo. Non a caso, non è solo il Cavaliere a sottolinearne l'importanza ma pure Barack Obama parla di «importanti passi avanti».
Ed è questo, forse, uno dei dossier chiave tra Roma e Washington. Perché al di là del vociare molto italiano sulle difficoltà internazionali del Cavaliere, Berlusconi sta riuscendo a ritagliarsi un ruolo tutto suo nonostante lo scenario globale sia decisamente cambiato rispetto a un anno fa. Resta il rapporto con la Russia, prima con Vladimir Putin e poi con Dmitri Medvedev. Ma si aggiunge un asse fondamentale con la Cina, visto che Hu Jintao (nel tondo) è sbarcato per la prima volta a Roma lunedì scorso dopo ben dieci anni di assenza dall'Italia di un presidente della Repubblica popolare cinese. E visto che Roma ha firmato con Pechino accordi commerciali da quasi due miliardi di euro. Insomma, un'intesa forte con quella che è una delle principali potenze economiche mondiali. Tanto che la diplomazia cinese non nasconde la sua soddisfazione per come Berlusconi abbia saputo «gestire con equità e rispetto di tutti i partecipanti» il G8 che si chiuderà oggi a L'Aquila.
E forse è anche grazie a queste due importanti sponde che negli ultimi mesi i rapporti tra Stati Uniti e Italia sono andati decisamente migliorando. Perché Washington è impegnata sia con Mosca, sul fronte disarmo, che con Pechino, sul fronte clima. E seppure un'intesa globale non sia ancora davvero sul tavolo, in Abruzzo si sono fatti comunque decisi passi avanti. Su un tema di cui più volte Obama ha sottolineato l'importanza, non solo per la politica estera ma anche a fini interni. La nuova amministrazione americana, infatti, ha fatto della questione clima uno dei suoi cavalli di battaglia, prendendo una posizione decisamente opposta a quella di George W. Bush e scontentando aziende e lobby americane. L'assist che arriva dal G8, insomma, per Obama ha valore politico anche in chiave interna e servirà a far cadere le perplessità di parte dello schieramento democratico.
D'altra parte, lo stesso era successo con i prigionieri di Guantanamo, quando a metà giugno Berlusconi è stato ricevuto alla Casa Bianca. L'Italia fu il primo Paese a dare la sua disponibilità a farsi carico di tre prigionieri di Guantanamo, dando il là agli altri partner europei e permettendo a Obama di giocare la carta del via libera dell'Ue davanti al Congresso americano. Arrivo, quello dei prigionieri di Guantanamo, ormai imminente. «Da lunedì - fanno sapere fonti della Farnesina - ogni giorno è buono».
Il Cavaliere, insomma, ha saputo in questi mesi giocare con cura e attenzione il ruolo del mediatore. E il G8 di L'Aquila sta un giorno dopo l'altro diventando il palcoscenico su cui mettere nero su bianco la sua nuova immagine. Perché, il premier l'ha ripetuto più volte, «Obama è uomo molto pragmatico». E quindi ha incassato con soddisfazione gli assist arrivati da Palazzo Chigi e dalla diplomazia guidata da Franco Frattini. Non ultimo quello sull'Afghanistan, dove l'Italia ha messo a disposizione un contingente di altri 400 uomini in vista delle elezioni di agosto. Ma anche l'insistenza con cui il Cavaliere si è speso a favore di una convergenza tra Mosca e Washington non è passata inosservata, come pure l'inedito faccia a faccia di ieri tra Obama e Muhammar Gheddafi, propiziato proprio dai buoni uffici del Cavaliere che ha deciso di invitare in Abruzzo il leader libico e mettere le basi del primo faccia a faccia tra la nuova amministrazione americana e Tripoli.

E sempre da «uomo pragmatico» Obama ha preso atto del fatto che il governo italiano - a differenza di altri partner europei, come Inghilterra o Germania - è decisamente saldo in sella nonostante le furiose polemiche degli ultimi mesi. Considerazioni messe nero su bianco anche dall'ambasciata americana a Roma, che non ha potuto non segnalare alla Casa Bianca il risultato «inaspettato» della tornata elettorale di giugno.

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