Voto locale o nazionale? Europeo. In Europa si sta alzando un vento di destra che spazza via i modelli di sinistra che in economia, politica estera ed ordine interno non funzionano. In Francia e Germania è impressionante il risveglio della politica forte contro quella debole. Il punto: in questa svolta «forzista» dell'Europa l'Italia non può stare ferma quattro anni con un governo che la rende debole, pena la marginalizzazione. Per questo il voto locale in atto va visto come l'unica opportunità a breve per rimetterci sul binario giusto.
I deputati tedeschi hanno appena approvato una detassazione sostanziale sulle imprese portandola a livelli di supercompetitività. Il Bundensrat voterà l'approvazione finale in settembre e con il primo gennaio 2008 le imprese italiane dovranno competere con aziende tedesche meno cariche di costi. Mi ha sorpreso che un governo di coalizione bianco/rossa osasse una mossa del genere. Ho chiesto. La risposta è stata: per interesse nazionale. Le élite politiche ed industriali hanno condotto un'analisi realistica delle condizioni che avrebbero permesso alla Germania di poter restare una potenza industriale globale, ridurre la disoccupazione endemica e poter sostenere una moneta con valore di cambio elevato. La conclusione è stata che la detassazione per aumentare la competitività delle imprese era l'unica cosa da fare. E subito, perché il temporaneo boom globale offre un extragettito che permette di ridurre sostanzialmente le tasse senza rischiare troppo l'equilibrio di bilancio. Mentre in Germania la politica e le élite economiche facevano questo, mentre la Francia eleggeva trionfalmente un Sarkozy perché ha promesso una politica di forte realismo e rilancio nazionale, Prodi metteva al servizio dell'estrema sinistra il tesoretto, dissipandolo, e Montezemolo recitava pomposamente critiche generiche invece che mobilitare gli interessi produttivi in base a priorità competitive.
Questa è la differenza tra politica forte e debole, tra nazioni che hanno élite capaci di definire l'interesse generale prima che il proprio e quelle che ne sono prive. Infatti il vento non è tanto ideologia quanto la domanda della gente di avere risposte vere. Questo vento cambierà i modelli di Francia e Germania rendendoli nuovamente fortissimi. Cambierà, soprattutto, le condizioni della competizione geoeconomica intraeuropea. Come potrà l'Italia imprigionata nella politica debole e decompetitiva di Prodi reggere tale concorrenza? Forse i poteri forti, finora alleati alla sinistra, cercheranno di governare in proprio perché spaventati proprio dallo scenario qui abbozzato, ma per difendere i propri privilegi oligarchici e non per dare forza alla nazione. Per questo non solo dobbiamo agganciare il risveglio europeo prima che sia troppo tardi, ma anche mostrare che il pur sconquassato centrodestra, che comunque anticipò la svolta «forzista» europea, è capace di rinnovare la sua promessa di grande politica.
Carlo Pelanda
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