Ecco il «taccuino» per immagini di Cartier-Bresson

Inaugurata a Palazzo Braschi una mostra con le fotografie delle sue escursioni romane accompagnate da una serie di celebri ritratti «parigini»

Lucio Filipponio

Una mostra duplice, spaccata a metà, dicotomica nella tecnica e nei soggetti quella dedicata al più celebre maestro della fotografia del Novecento Henri Cartier-Bresson, inaugurata al Museo di Roma Palazzo Braschi e visitabile fino al 29 ottobre. Frattura che ritroviamo posta in evidenza nel titolo dato alla retrospettiva «Omaggio a Roma - Ritratti di Henri Cartier Bresson»: da un lato gli scatti rubati alla quotidianità della Città eterna; dall’altro i celebri ritratti delle personalità di spicco del suo tempo nonché di gente comune, ma comunque in posa. Due sezioni distinte ma anche complementari. La prima raccoglie una scelta inedita dei più significativi scatti che il grande fotografo dell’agenzia Magnum, ha realizzato a Roma durante i suoi diversi viaggi e soggiorni. Le foto sono state scelte e selezionate assieme alla moglie, Martine Franck e sono esposte per la prima volta in un omaggio unico e prezioso alla nostra città. «Mio marito - spiega la Franck - amava Roma per l’atmosfera di libertà che si respirava all’epoca, scrutava la città col piglio curioso del viaggiatore». Scatti che rispondono al modo di lavorare al quale Henri Cartier-Bresson ci ha abituati: non una regola precisa da seguire, se non quella di cogliere la vita di sorpresa o teoria «dell’istante decisivo» come lui stesso amò chiamarla. Se Roland Barthes ha definito la posa come «la commedia solitaria con cui ci fabbrichiamo un altro corpo» allora i «ritratti», straordinari ed evocativi, che compongono la seconda sezione della mostra sono stati per Cartier-Bresson la sfida più ardua con la quale confrontarsi. Non a caso il titolo originario di questa carrellata di volti è «Il silenzio interiore di una vittima consenziente»: perché per Cartier Bresson il ritratto, che sia di una celebrità come di uno sconosciuto, andava consumato in silenzio, come in un duello a due, collezionando folgoranti «delitti visivi».
Molte delle immagini sono rare stampe vintage, e fanno parte della prima selezione messa insieme con le opere della Fondation Cartier-Bresson, creata nel 2003, per dare una collocazione permanente all’opera del fotografo.
Per oltre 55 anni Cartier-Bresson ha immortalato le personalità del suo tempo con un occhio che riesce a cogliere l’essenza del soggetto che ha di fronte. Christian Dior, Alberto Giacometti, André Breton, Marcel Duchamp, Roberto Rossellini, Arthur Miller, Martin Luther King, Pablo Neruda, Truman Capote, Isabelle Huppert, Simone de Beauvoir, ma anche una donna con i suoi bambini in Messico, giovani coppie, anziani, semplici passanti.

«Più di tutto, cerco un silenzio interiore. Cerco di tradurre la personalità e non una sua sola espressione» ha affermato tempo addietro Cartier-Bresson con alla mano la sua macchina Leika, il suo taccuino per immagini.

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