Gli ecocatastrofisti non amano la realtà ma le «proiezioni»

Caro Granzotto, vorrei aggiungere una semplice considerazione a quanto espone Franco Battaglia nel suo articolo per confutare i catastrofisti sul tema del riscaldamento della Terra a causa dell’uomo. E cioè il confronto fra i 1.650 kmq di superficie occupata - paragonabile alla superficie di Savona - dai 6,6 miliardi di essere umani a fine 2007, messi uno vicino all’altro calcolata come fa la polizia per la partecipazione alle manifestazioni (4 per ogni metro quadrato) e i 508 milioni di kmq della superficie terrestre investita dai raggi del sole. Non è pensabile quindi che noi, anche sommandoci i consumi generati dalle nostre attività, si possa fare concorrenza al sole finché risplenderà. Vorrei poi riportare la mia esperienza personale su quel che concerne l’innalzamento del livello dei mari: sono settant’anni che ogni estate vado a camminare sulla scogliera piatta, bagnata da un velo d’acqua del mare, di Castiglioncello. E non ho mai visto variare l’altezza di quel velo. Riflettiamo quindi sul tema in modo intelligente e conscio, non lanciando allarmismi irresponsabili.

Quando si imbattono in esperienze personali, i catastrofisti, caro Prosperi, danno di matto. La sua di esperienza - settant’anni di accertamenti certo non scientifici, ma probanti - i catastrofisti non la prenderebbero nemmeno in considerazione. Primo perché smentisce le loro isteriche baggianate, secondo perché hanno stabilito, gli incommensurabili cialtroni, che a far testo, a far fede, siano le proiezioni matematiche. Le quali proiettano ciò che uno vuol vedere proiettato, perché dipendono dai dati che si forniscono. Esempio, se imposto una proiezione matematica sui ritmi e tempi dell’innalzamento dei mari inserendo come dato portante l’aumento costante della temperatura del globo di tot gradi o tot frazione di grado (un dato ipotetico, non suffragato da riscontri scientifici. Inventato di sana pianta, insomma), otterrò un certo risultato. Ad esempio che il Mediterraneo sale, come dichiarò baldanzoso Pecoraro Scanio, di mezzo metro all’anno (e lei, caro Prosperi, manco coi trampoli avrebbe potuto percorrere la scogliera di Castiglioncello. Sempre che Castiglioncello non fosse finita ingoiata dalle acque). Il terrorismo ambientale non si nutre solo di proiezioni matematiche fai-da-te, ma anche di foschi scenari opportunamente raffigurati. Uno dei cavalli di battaglia degli ayatollah verdi è l’incremento demografico. Dicono che dobbiamo (noi genere umano) smettere di fare figli perché di questo passo finiremo per avere a disposizione solo un paio d’ettari a testa di terre emerse. E la vita sarà un inferno di promiscuità. Dimenticano però di aggiungere che già oggi la metà della popolazione mondiale vive sul miserrimo due per cento della superficie della Terra. E, salvo quando prende la metropolitana, di Tokyo, magari, non è che senta sul collo il fiato dell’umanità che preme. Poi c’è il problema della sopravvivenza: come faremo, insistono gli ambientalisti, a sfamare tot miliardi di persone se le terre coltivate sono solo il 10 per cento delle terre emerse? Ora. Diecimila anni fa, quand’eravamo 6-8 milioni, di terra coltivata ce ne sarà stata, sì e no, lo zero virgola zero uno per cento. Domani, per far fronte alla domanda, quel 10 per cento può diventare il 12 o 13, dipende. Un modesto incremento che per di più potrebbe risultare superfluo grazie agli Ogm, che consentono di coltivar grano ed altro laddove oggi, per problemi di siccità, di eccessiva piovosità o di cattiva qualità del terreno, risulta difficile farlo.

Insomma, per dirla con lei, caro Prosperi, finché c’è sole c’è speranza.

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