Simona Lorenzetti
da Torino
Nove anni fa. Siamo nel 1996 e per la precisione al 23 agosto. Falcemagna, frazione di Bussoleno in Val di Susa, è uno dei quindici siti individuati come luoghi ideali per effettuare una serie di sondaggi del terreno per valutare il passaggio della linea Altà Velocità. Ed è qui che alcuni sconosciuti lanciano due bottiglie incendiarie contro una trivella, provocando danni per 100 milioni. Sul posto vengono trovate anche alcune scritte: «Ora e sempre resistenza». Inizia così la stagione degli attentati in Val di Susa. I più agguerriti sostenitori della lotta alla Tav sono passati ai fatti, ogni tanto saltano pure i tralicci e i ripetitori. In poco più di due anni vengono messi a segno ben 14 attentati, lultimo dei quali il 10 novembre 1997. Sedici mesi di tensione che attraversano una valle classificata come zona prioritaria per la sicurezza dello Stato e negli ultimi trentanni al centro di una catena di fatti inquietanti: a partire dai fermenti dellestremismo di destra legati al neofascismo e alle nuove formazioni paramalitari, passando per il radicale cambio di rotta del fermento politico e allimprovviso inneggiare del fucile della falce e martello di Prima Linea, fino al più recente caso delle infiltrazioni mafiose con la poderosa speculazione edilizia a Bardonecchia, primo e unico Comune italiano del Nord sciolto per mafia.
La stagione delle bombe continua tra il 27 e il 28 novembre 1996, allaltezza di Bruzolo, qualcuno lancia della benzina contro una cabina disattivata, del blocco automativo lungo la linea ferroviaria Torino-Modane. Ma dobbiamo arrivare all11 marzo del 1997, quando compare per la prima volta la firma «Lupi Grigi». Usata nelloccasione per la rivendicazione del lancio di una molotov contro il portone della chiesa di San Vincenzo a Giaglione. Fino ad allora i volantini erano stati firmati «Valsusa Libera». A questo punto le indagini della polizia proseguono seguendo la pista anarchica che cavalca il malcontento locale e le frange più estreme dellambientalismo. Nel 1998, nella notte tra il 6 e il 7 marzo, tre giovani vengono fermati dagli uomini della Digos e dei Ros, sospettati di essere gli ecoterroristi della Val di Susa: Edoardo Massari, che si suiciderà in carcere pochi giorno dopo, Maria Soledad Rosas anche lei morta suicida l11 luglio e Silvano Pelissero che viene condannato per il rogo al comune di Caprie e che dallagosto scorso è tornato in libertà. Alle loro spalle hanno storie e vite diverse, frequentano lo stesso centro sociale di Collegno. Edoardo Massari, 38 anni, è uno squatter convinto, uomo di punta del gruppo degli anarchici dIvrea, personaggio coinvolto in una serie di occupazioni abusive. Silvano Pellissero, 37 anni, è nato e cresciuto in Val di Susa, a Bussoleno cè la casa della sua famiglia, allevatori di polli. Il contatto tra i due è anche la passione per le armi, che li aveva già portati entrambi in carcere. Massari era stato arrestato anni prima, giugno del 93, a Ivrea perché gli esplose tra le mani una bomba che stava confezionando, nel suo laboratorio dietro casa (riparava biciclette), i carabinieri trovarono un opuscolo di «Autodifesa proletaria» dove si insegnava a costruire le bombe molotov e altri ordigni, e ancora libri di chimica ed esplosivi. Pellissero era stato invece già nell81 quando il capannone dellallevamento di polli esplose. Colpa di una santa barbara clandestina dissero i carabinieri. Vicina al mondo dellanarchia è invece Maria Soledad Rosas. Gli investigatori dei Ros e della Digos hanno bloccato i tre dopo un lungo lavoro dintelligence.
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