Un’economia troppo fragile per reggere il «super euro»

Forse non vi interessano polemiche in materia di politica europea in un momento nel quale quelle nostrane sono un circo spettacolare. Ma chiamo la vostra attenzione sulla politica monetaria sbagliata in atto perché rischia di fare danni all’Italia perfino peggiori di quelli causati da Prodi e soci.
La Banca centrale europea e il governo tedesco hanno espresso di recente le seguenti posizioni: l’aumento del valore di cambio dell’euro sul dollaro non produce perdite sensibili alla crescita; in ogni caso un sistema economico nazionale deve diventare capace di esportare anche in condizioni di cambio forte. La polemica tecnica riguarda la formula adottata dalla Bce: per ogni 5% di incremento del valore di cambio dell’euro sul dollaro l’eurozona perde lo 0,1% di Pil. Un’inezia. Ma da parecchi studi emerge la sensazione di un danno molto maggiore. Ho chiesto un parere a Paolo Savona che è tra i più rispettati economisti monetaristi. Risposta: «Certamente l’impatto negativo è almeno tre volte tanto». Nell’occasione mi ha spiegato il metodo con cui l’ufficio studi della Banca d’Italia analizzava tali fenomeni.
Ciò mi ha fatto venire l’idea di chiedere a tale istituto, se non è stato troppo depotenziato dopo la cessione della sovranità monetaria, di confermare o correggere i dati della Bce e di valutarli per la specifica situazione italiana. Nell’attesa, lancio l’ipotesi che la Bce abbia truccato la formula per difendere la sua politica di euro forte e che sia sospettabile di eccessi ideologici. Che sono evidentissimi nelle dichiarazioni del governo tedesco e altri, in occasione dell’attacco poi rintuzzato di Sarkozy contro il cambio decompetitivo dell’euro: una nazione «deve» saper adeguarsi. E se non ce la fa? Se parte del suo sistema economico non è così modernizzato e qualificato da poter fare a meno della competitività valutaria per vendere? Allora muoia. Chi in Europa riesce a sopravvivere a un euro così alto sul dollaro e monete collegate? L’industria tedesca che fa grandi sistemi ci riesce con poco danno. Quella francese con molti problemi. E l’Italia che contiene sia un’economia qualificata sia una fragile? Annaspa. Da un lato, è vero che molto export va nel ciclo intraeuro, ma è anche vero che tanto deve competere nell’area del dollaro. Oltre una certa soglia di cambio, noi e altri europei più deboli rischiamo una seria crisi deindustrializzante. Il punto: se una nazione non ce la fa ad adattarsi all’euro forte si accetta che questa vada in crisi dicendo idealisticamente che dovrebbe adeguarsi. E questa politica monetaria folle viene sostenuta dalla Germania e dalla Bce in modi così ostinati da renderla una tendenza permanente e non solo contingente. Sarkozy non è riuscito a scalfirla pur ottenendo una compensazione. Ed è la Francia. Figuriamoci come possa la più debole Italia, senza un governo credibile, difendere i propri interessi, cioè l’adeguamento dell’euro alla realtà.

Da questa emergenza potremo uscire solo comprendendo che per sopravvivere all’euro forte dovremo avere un’Italia fortissima. Non si scherza più. Spero lo capiscano tutti i leader del centrodestra dandosi questa missione comune.
www.carlopelanda.com

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