Economia

Air France vuole il 50% di Alitalia

Il tourbillon di notizie sul destino di Alitalia, che s'incrociano e si elidono, dà il segno di come la vicenda si stia arroventando e si stia avvicinando a un epilogo. Ieri il numero uno di Etihad, James Hogan, ha dichiarato che per la sua compagnia un ingresso in Alitalia non è una priorità, «almeno per il momento», e che il primo dossier sul tavolo riguarda l'indiana Jet Airways. Una smentita che, secondo ambienti vicini alla compagnia, potrebbe essere una mossa tattica.
Dall'altra parte, da Parigi, mentre Air France continua con i suoi «no comment», il quotidiano La Tribune anticipa che al cda di lunedì 23 il tema Alitalia sarà il piatto forte della riunione. Si avvicina infatti il 28 ottobre, data in cui è fissato il termine per il diritto di prelazione dei soci sulle quote messe in vendita da altri soci. Intendiamoci: non c'è la coda per rilevare azioni Alitalia (per venderle alcuni azionisti hanno incaricato Rothschild). Ma la scadenza priverà Air France di un diritto, e qualcuno potrebbe pensare a un'azione di disturbo, «invitando» commensali imprevisti. Dunque, è ragionevole pensare che Air France voglia darsi una linea precisa al più presto.
Secondo la Tribune Air France deciderà lunedì la sua partecipazione o meno a un aumento di capitale di Alitalia. È pronta anche a salire al 50% ma ponendo condizioni molto dure. E qui si legge il passaggio più allarmante: è infatti escluso - precisa il giornale - che possa ereditare il debito di Alitalia, un miliardo di euro, visto che Air France-Klm è già fortemente indebitata e non sarebbe in grado di far fronte a un ulteriore fardello. Ma come può fare Air France a diventare l'azionista di maggioranza e al tempo stesso ad eludere il debito? La risposta possibile sarebbe il concordato in continuità, il Chapter 11 italiano, al quale però in questo momento nessuno intende pensare, perché sarebbe una disfatta.
Le «condizioni dure» che trapelano da Air France significano evidentemente una gestione francese e un ridimensionamento di Alitalia che diventerebbe una sussidiaria la cui attività principale sarebbe quella di alimentare il Charles de Gaulle; è in questa chiave che i francesi si sono dimostrati, da luglio, piuttosto freddi nei confronti del piano industriale di Gabriele del Torchio, giudicato (il piano) «troppo ambizioso». A Parigi si ipotizza dunque un aumento di capitale (forse da varare già il 26). È uno strumento impegnativo e doloroso per tanti soci che sicuramente si lascerebbero diluire. Leonardo & Co potrebbe mettere insieme un consorzio per l'inoptato; a meno che l'aumento non fosse riservato alla sola Air France, al cui investimento potrebbero correre parallele nuove linee di credito.
La vicenda è complicata anche per i protagonisti. Etihad, nonostante le smentite, continua a essere considerato un soggetto troppo importante perché gli possa essere consentito di ritirarsi; in una trattativa, alzarsi dal tavolo per essere richiamati è una tattica normale.
Poi c'è l'aspetto più provinciale, ci si consenta la parola, e cioè i battibecchi all'interno della società. Il viaggio ad Abu Dhabi di Del Torchio - che ieri ha annunciato a Venezia i piani di sviluppo con il volo diretto per Tokio - sarebbe stato stoppato, secondo azionisti un po' maligni, dall'influente vicepresidente Salvatore Mancuso, insofferente a una trattativa gestita dall'amministratore delegato, al quale vorrebbe affiancare alcuni soci. I quali non sono molto sorridenti: e sorrideranno ancora meno giovedì 26, quando saranno presentati i conti del primo semestre.

La compagnia brucia più di un milione al giorno, e per loro le prospettive di rientrare dall'investimento fatto quattro anni fa si affievoliscono sempre di più.

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