Alitalia cerca la pace con il governo e si gioca tutto con il nuovo piano

Oggi il summit con Calenda e Delrio. La mina degli esuberi

Un paio di mesi fa James Hogan, vicepresidente di Alitalia e rappresentante del socio forte Etihad (49%) aveva sparato a zero contro il governo, accusandolo di non aver rispettato le promesse. Oggi i vertici di Alitalia (più banche e azionisti italiani) e i ministri Carlo Calenda e Graziano Delrio (rispettivamente Sviluppo economico e Trasporti) s'incontrano per parlare del piano industriale della compagnia.

Le ruvide parole di allora non sono dimenticate e non aiutano il clima. In più, in questi mesi su Alitalia è caduto il velo: si è capito che, lungi da essere vicina al pareggio, è invece sull'orlo di un baratro che al momento solo la riapertura del credito da parte di Intesa e Unicredit sta evitando. Il piano è tutt'altro che indolore: un numero ancora imprecisato di tagli al personale (non meno di 1.600 non più di 4mila: proprio in questa ampia forbice sta il margine della trattativa), il ridimensionamento del breve-medio raggio, richieste per lo scalo di Linate (la cui operatività è regolata da un decreto).

Alitalia chiederà al governo una mano sia ad ammorbidire il fronte sindacale che in questa fase è piuttosto arrabbiato, sia per contare di più nella joint venture transatlantica, attraverso la quale potrebbero aumentare ricavi e rotte in profitto.

Un altro punto sul quale il governo può aiutare Alitalia è la trasparenza e la parità di regole tra vettori: e qui il sindacato è solidale. Si tratta di fare in modo che finanziamenti di enti locali non alterino la concorrenza, e che contratti di lavoro e contributi siano regolati, a parità di condizioni, dalle stesse norme.

PStef

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