Per non far harakiri, il Giappone imbraccia il bazooka. Dopo la Bce e la Federal Reserve, scende in campo anche la Boj, la banca centrale nipponica, con la decisione di iniettare nell'economia altri 10mila miliardi di yen tramite l'acquisto di titoli finanziari. Il totale degli interventi di stimolo, cominciati nell'aprile scorso, sale così a 80mila miliardi di yen, circa 780 miliardi di euro.
La misura si è resa necessaria in seguito al debole andamento dell'economia nel secondo trimestre, quando il Pil è cresciuto di un modesto 0,2% (+0,7% su base annua). Una frenata netta, dopo il +4,1% del primo trimestre: segno della spinta ormai esaurita della ricostruzione resasi necessaria in seguito alla triplice catastrofe (terremoto, tsunami e disastro nucleare) che nel marzo 2011 aveva colpito il Paese. Il Sol Levante ha ora due nemici made in Europe: la crisi del debito sovrano e la recessione. Due veri killer per il cuore economico giapponese, le esportazioni. Per la prima volta dagli anni Ottanta, dai bilanci di Tokio è infatti sparito l'avanzo commerciale.
Un campanello d'allarme impossibile da ignorare. Soprattutto se già ne risuona un altro: la domanda interna, calata dello -0,1% tra aprile e giugno. Se non proprio grave come quello italiano, il Giappone ha un problema di spesa privata legato non solo all'invecchiamento della popolazione e ai bassi tassi di crescita, ma anche al recente provvedimento con cui il governo ha raddoppiato le tasse sui consumi. L'obiettivo: contenere l'insostenibile pesantezza del rapporto debito-Pil, superiore al 200%. Servono contromisure, nonostante il Sol Levante non sia stato finora inghiottito dalla spirale del proprio debito. I rendimenti pagati sui Bot dagli occhi a mandorla sono tutto sommato accettabili (attorno al 3%). Il motivo è uno solo: il 95% dei bond è nelle mani dei giapponesi. Ma la situazione potrebbe cambiare. Soprattutto se un ulteriore rallentamento della ripresa dovesse costringere la popolazione a intaccare i risparmi, magari vendendo proprio titoli pubblici.
La mossa della Boj è dunque preventiva ed è tesa a evitare futuri disastri sfruttando la vecchia arma della svalutazione competitiva. Lo yen è sceso infatti ieri ai minimi da un mese. I mercati hanno tuttavia accolto con un certo distacco l'iniziativa. La debolezza manifestata fin dall'inizio della settimana è continuata (Piazza Affari ha chiuso con un impalpabile +0,15%), in attesa di novità da Grecia e Spagna, oggi sotto esame con l'asta di titoli a medio-lungo termine per 4,5 miliardi. Nonostante i recenti progressi (scudo anti-spread, via libera all'Esm), il nodo del debito sovrano resta in buona parte ancora da sciogliere. Una crisi che ha avuto «conseguenze gravi sul settore bancario», ha spiegato Andrea Enria, presidente dell'Eba. Fino ad oggi, ha rivelato il numero uno dell'autorità di sorveglianza Ue del settore, ammonta a 190 miliardi rafforzamento di capitali già realizzato dagli istituti.
I mercati continuano comunque a tener d'occhio la Bce di Mario Draghi. Il direttorio di oggi dell'Eurotower servirà a fare il punto su una situazione più tranquilla sul versante dei titoli di Stato (lo spread Btp-Bund è sceso ieri sotto i 330 punti), mentre martedì prossimo Draghi incontrerà Angela Merkel per discutere la situazione economica dell'euro zona. Non è escluso che durante la riunione si parli anche del pollice verso mostrato dalla Bundesbank nei confronti del piano di acquisti di bond dei Paesi in difficoltà.
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