
Il Comune di Bologna, città troppo di sinistra per essere felice e troppo progressista per affidarsi solo al buon vecchio consultorio familiare, ha deciso di partorire poi capirete l'uso del verbo - un nuovo presidio sul territorio. E poiché i compagni eccellono nella neolingua (a Bologna del resto chiamano le panchine al coperto «rifugi climatici») lo hanno battezzato Laboratorio ginecologico popolare. Uno spazio pubblico che si rivolge a «persone con bisogni di salute sessuale e riproduttiva» e in particolare a tre categorie di individui. «Persone con capacità gestante»(?). «Persone
con background migratorio» (??). «Giovani cosiddetti NEET, Not in Education, Employment or Training» (???).
Non si è mai così inclusivi come quando si escludono certe parole. Bastava dire: donne, migranti e disoccupati. Ma vuoi mai che rischi di discriminare qualcuno...
Ulteriore nomenclatura utilizzabile da «Persone ideologiche concettuali» (cioè i compagni bolognesi): «Individu* con utero», «Gestante associata», «Non italiani neo arrivati», «Undocumented people»
Ora. Nessuno più di noi si rifiuta di dividere il mondo in solo due etichette,
«uomo» e «donna» (ma neanche vorremmo usarne più che in un negozio multimarche).
Però, senza essere più populisti di quanto già siamo, ci chiediamo che senso abbia tutelare con tale zelo, e con tanti soldi pubblici, le «Persone con capacità gestante» se poi per un'ecografia devi aspettare un anno. Sia che tu abbia un utero o no.