Economia

L'ultima "impresa" di Di Maio: ArcelorMittal lascia l'ex Ilva

Ora rischiano il lavoro 10.700 operai. La comunicazione ai commissari straordinari dell'azienda siderurgica

L'ultima "impresa" di Di Maio: ArcelorMittal lascia l'ex Ilva

ArcelorMittal ha inviato ai commissari straordinari dell'Ilva una notifica, in cui viene resa nota la volontà di rescindere l'accordo per per l'affitto e il successivo acquisto condizionato dei rami d'azienda di Ilva Spa e di altre controllate. L'accordo era stato chiuso il 31 ottobre del 2018.

Una "bomba sociale" - come la definiscono i sindacati - che si abbatte sul governo e in particolare su Luigi Di Maio che, da ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, si era occupato del dossier ora passato sul tavolo di Stefano Patuanelli. "Il governo non consentirà la chiusura dell'Ilva", dicono ora fonti dell'esecutivo, "Non esistono presupposti giuridici per il recesso del contratto. Convocheremo immediatamente Mittal a Roma". Ma è caos.

ArcelorMittal si era impegnata a realizzare investimenti ambientali per 1,1 miliardi, industriali per 1,2 miliardi e a pagare l'ex Ilva 1,8 milioni di euro, una volta terminato il periodo d'affitto, iniziato il primo novembre dello scorso anno e che avrebbe dovuto durare per 18 mesi. L'ex Ilva dà lavoro a 10.700 operai, di cui 8.200 a Taranto dove, attualmente, 1.276 sono in cassa integrazione per 13 settimane (dal 30 settembre), per crisi di mercato.

Nella lettera in cui l'azienda comunica il recesso, si chiarische che il contratto per l'affitto e il successivo acquisto di alcuni rami di Ilva Spa e di alcune sue aziende controllate prevede che "nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l'attuazione del piano industriale, la Società ha il diritto contrattuale di recedere dallo stesso Contratto". Secondo ArcelorMittal, "il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla Società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così la comunicazione di recesso".

L'azienda ha chiesto ai commissari straordinari dell'Ilva di "assumere la responsabilità delle operazioni e dei dipendenti entro 30 giorni" dal ricevimento del comunicato di rinuncia.

Il segretario nazionale della Fim Cisl, Marco Bentivoglio, ha chiarito i motivi del recesso: "Tra le motivazioni principali di ArcelorMittal, il pasticcio sullo scudo penale. Un capolavoro di incompetenza e pavidità politica: non disinnescare bomba ambientale e unire bomba sociale".

Inoltre, ArcelorMittal contesta anche l’operato dei giudici di Taranto, "che obbligano i Commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2". Lo spegnimento renderebbe però impossibile per la società attuare il suo piano industriale. "Altri gravi eventi, indipendenti dalla volontà della Società- si legge ancora nella lettera di ArcelorMittal -hanno contribuito a causare una situazione di incertezza giuridica e operativa che ne ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari interventi presso Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto".

Immediate le reazioni politiche: "Il ritiro di Arcelor Mittal dall'Ilva rappresenta un colpo mortale all'industria dell'acciaio italiano- ha detto Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia- L'obiettivo strategico del Movimento Cinque Stelle di trasformare Taranto in un cimitero industriale è stato quindi centrato, e quanto sta accadendo è un'autentica vergogna nazionale, una tragedia per l'occupazione e per lo sviluppo". E Matteo Salvini, leader della Lega ha commentato: "Se il governo tasse, sbarchi e manette farà scappare anche i proprietari di Ilva, mettendo a rischio il lavoro di decine di migliaia di operai e il futuro industriale del Paese, sarà un disastro e le dimissioni sarebbero l'unica risposta possibile.

La Lega chiede che Conte venga urgentemente a riferire in Parlamento".

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