Bad bank, il governo ci pensa

Sotto la spinta dei 330 miliardi di crediti deteriorati, Padoan getta la maschera e apre all'eventualità della bad bank. E indovinate chi paga...

Bad bank, il governo ci pensa

Per il sistema bancario italiano, una vera e propria rivoluzione all'orizzonte sembra profilarsi all'orizzonte. La cosiddetta "bad bank", la "banca cattiva": società costituite appositamente per ricevere crediti anomali da istituti bancari in difficoltà per l'eccessiva quantità di titoli tossici che si sono accollati nel tempo.

Sono mesi che si parla di questa ipotesi: oggi ne ha accennato anche il ministro dell'Economa Pier Carlo Padoan che, in un'intervista al Sole 24Ore, ha ammesso che dagli uffici di Viale XX Settembre "si pensa a soluzioni di questo tipo". Oggi anche l'Huffington Post dedica una lunga analisi all'argomento, esaminando cause e conseguenze di questa importante mossa che potrebbe sovvertire completamente il panorama finanziario e creditizio italiano.

“In un paese come l’Italia dove la mole dei prestiti bancari è pari alla cifra mostre del 53% per cento del Pil (molto più di Francia e Germania) e rappresenta il 40% delle passività finanziarie complessive (gli Usa sono al 15% e la Francia al 23%), tutto si tiene", spiega all'Huffington quello che viene qualificato come 'un banchiere di lungo corso'. Il quotidiano online di Lucia Annunziata prosegue indicando tre fattori di debolezza dell'intera architettura bancaria del nostro Paese: l'eccessivo numero di sportelli e dipendenti, che peraltro sarebbero anche scarsamente produttivi; la minore presenza di derivati rispetto al portafoglio medio delle banche straniere, oltre alla scarsa attitudine a fare trading; una clientela composta tipicamente di "piccoli imprenditori, con cui si guadagna poco e si rischia di perdere molto", a causa della diffusa "commistione tra patrimonio della famiglia e patrimonio aziendale e tra debiti della persona e dell’azienda."

Sul piatto della bilancia, inoltre, bisogna gettare il calcolo di tassi di interesse, come quelli dell'Eurozona, tipicamente bassi, la corsa a riempirsi il portafoglio di titoli di Stato, ormai stimati come titoli spazzzatura, e l'esplosione di crediti incagliati e sofferenze.

Di fronte a questa situazione, la bad bank appare ormai a diversi osservatori come l'unica soluzione possibile. L'Huffington calcola in 320-330 miliardi di euro i crediti deteriorati la cui riscossione è a forte rischio: una cifra enorme, pari al 16% di tutto il credito bancario circolante in Italia. Il trend negativo, con la crescita delle sofferenze, si protrae ininterrotto dal 2009: e le sofferenze non possono essere cedute perché "i prezzi offerti sono troppo bassi e se accettati finirebbero per generare pesanti minusvalenze sui bilanci delle banche che hanno bassa copertura nel monte rettifiche accantonato", come spiega il blogger di finanza Fabio Bolognini.

Eppure per anni all'ipotesi di una bad bank è stata opposta una sorda resistenza, sia da parte di Bankitalia che dell'Abi, decise a difendere a spada tratta la solidità di un sistema che si voleva uscito dalla crisi senza la "mano" dell'aiutino pubblico. Solidità che però è stata messa in dubbio da una serie di schiaffoni, l'ultimo dei quali è arrivato con gli stress test della Bce non più tardi di quattro mesi fa.

Ora, però, i dati della realtà non lasciano più scampo: persino Ignazio Visco è stato costretto a scontrarsi con l'ipotesi della bad bank. Anche se, naturalmente, "nel rispetto delle regole europee sulla concorrenza" e "coinvolgendo le banche nella ripartizione dei costi e con un'adeguata remunerazione del sostegno pubblico."

La china da percorrere, però, è molto stretta: la soluzione che verrà fuori dovrà obbligatoriamente escludere tanto aiuti di Stato quanto regali alle banche.

Inoltre sarà necessario distinguere tra buone e cattive gestioni e, ipotizza l'Huffington, fare di tutto per salvare Mps e Banca Etruria. Ma se si dovesse prospettare l'intervento pubblico, chi ce li metterebbe i soldi? Indovinate un po'...

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