Il 2017 verrà ricordato come l'anno delle grandi pulizie di bilancio in banca, come dimostrano gli ultimi dati diffusi ieri da Bankitalia: le sofferenze a dicembre sono diminuite del 10,4% a 167,23 miliardi rispetto allo stesso mese del 2016 quando si erano attestate a 200,8 miliardi. In 12 mesi, dunque, dai conti del credito italiano è stata eliminata una zavorra di quasi 33,6 miliardi di crediti deteriorati. L'accelerazione continuerà nel 2018 con gli istituti pronti a sfruttare anche i benefici dell'introduzione dal primo gennaio dei nuovi principi contabili Ifrs che permettono svalutazioni senza effetti sul conto economico ma solo sullo stato patrimoniale, per quanto riguarda il capitale. L'impegno è apprezzato dalle agenzie di rating: «Il sistema bancario italiano non è più un fattore di rischio sistemico», ha detto ieri Kathrin Muehlbronner, analista senior per i rating sovrani di Moody's. Le big del credito, insomma, hanno fatto i compiti a casa.
Anche la ex «sorvegliata speciale» del mercato come il Monte dei Paschi, oggi controllata dallo Stato, che ha chiuso la maxi cartolarizzazione di 26 miliardi di sofferenze e nel 2017 ha ridotto l'esposizione dei crediti deteriorati a 45,1 miliardi (in flessione di 0,7 miliardi rispetto a fine dicembre 2016, sostanzialmente stabile rispetto a fine settembre dell'anno scorso). Ma la ristrutturazione costa, assorbe risorse, e il recupero in termini di redditività e di nuovo credito di qualità è lento: il primo bilancio sotto l'ala del Tesoro è stato chiuso con una perdita di 3,5 miliardi che si confronta con quella da 3,2 miliardi del 2016. Pesano 5,46 miliardi di «rettifiche nette di valore per deterioramento crediti, attività finanziarie e altre operazioni», ovvero le svalutazioni di crediti problematici. E a influenzare la perdita di 502 milioni nel solo quarto trimestre sono i 170 milioni di costi di recupero connesso all'accordo per le cessione della piattaforma per la gestione delle sofferenze oltre a 166 milioni di accantonamenti per rischi.
Il 2017 è stato un anno impegnativo: a fine maggio è stato finalizzato il nuovo piano industriale poi approvato il 4 luglio, l'11 agosto è arrivata l'iniezione di liquidità dal Tesoro post ricapitalizzazione, a fine novembre il cosiddetto burden sharing con gli obbligazionisti e a dicembre il rinnovo del cda. «Abbiamo completato un processo di ristrutturazione durato più a lungo del previsto, ora va gestita la banca dal punto di vista commerciale», ha sottolineato ieri l'ad Marco Morelli.
Dopo aver perso circa 40 miliardi di depositi nel 2016, i flussi sono rimasti lenti anche l'anno scorso: la raccolta complessiva è scesa del 4,5% a 193,6 miliardi, i crediti verso la clientela si sono attestati a 86,5 miliardi, 20,2 miliardi in meno rispetto a dicembre 2016 e 4,6 miliardi in meno guardando a settembre 2017.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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