Economia

Bce indecisa sui tassi: Lagarde frena

"L'inflazione si risolverà senza grandi aggiustamenti della politica monetaria"

Bce indecisa sui tassi: Lagarde frena

Un po' incendiaria, un po' pompiere. Christine Lagarde è così, prendere o lasciare. Dopo aver dato la scorsa settimana una fiammata agli spread lasciando presagire una stretta ai tassi in anticipo sul previsto, ieri la presidente della Bce ha gettato acqua sul fuoco: L'aumento dei tassi di interesse non risolverebbe nessuno dei problemi attuali. A cominciare da quello legato ai maxi rincari energetici, un fenomeno esogeno non governabile dalle banche centrali e che rischia di impattare sulla ripresa. Le speranze di un'attenuazione dell'inflazione sono tutte riposte nel rientro di queste tensioni e nella risoluzione dei colli di bottiglia nella catena degli approvvigionamenti. Alla fine si risolveranno, le pressioni sui prezzi dovrebbero diminuire e l'inflazione tornare al suo andamento senza bisogno di un significativo aggiustamento della politica monetaria, ha spiegato l'ex numero uno del Fmi.

Se così fosse, l'Eurotower non avrebbe bisogno di far la faccia feroce al carovita e verrebbero meno i timori dei mercati che prezzano due giri di vite al costo del denaro entro fine anno, ciascuno di un quarto di punto. Lagarde ha ribadito che l'istituto centrale intende muoversi con cautela, dal momento che mosse affrettate potrebbero rendere la ripresa considerevolmente più debole. Inoltre, l'economia nell'eurozona non è in surriscaldamento come negliUsa, dove gli analisti mettono in conto una Fed in modalità talmente aggressiva da lasciare spazio a ben sette rialzi dei tassi nel 2022, uno per ciascuna delle riunioni da marzo fino alla fine dell'anno, per contrastare un carovita che in febbraio si è spinto al 7,5%. Con un possibile effetto collaterale: trascinare l'America in recessione. Bloomberg, però, frena: la Fed non è ancora favorevole a un aumento di mezzo punto (il mese prossimo, ndr) o a una mossa di emergenza.

Gli inviti alla prudenza, giunti anche dall'Fmi, valgono a maggior ragione per Eurolandia dove la situazione debitoria di alcuni Paesi sconsiglia salti nel vuoto. Non a caso, JP Morgan ha detto chiaro e tondo che gli acquisti di titoli sovrani da parte della Bce sono un paracadute per la periferia. Qualche falco, o frugale, se lo sarà segnato, ma è indubbio che l'azione di sostegno della banca centrale ha tenuto a lungo ingabbiati gli spread. Ora il vento sembra cambiato. Ieri il differenziale fra Btp e Bund è salito fino a 164 punti, segno che le tensioni non si sono stemperate. Ma il problema non riguarda solo l'Italia. Gli spread sono aumentati per molti paesi, quasi tutti, non tutti, ma l'aumento italiano è inferiore a quello di tanti altri Paesi. - ha sottolineato ieri il premier Mario Draghi - ma questo non deve assolutamente nascondere che partiamo da una base di spread molto più alta e da un volume di debito più alto.

Quindi bisogna spendere bene, vigilare sui conti, vigilare sul debito.

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