La Banca centrale europea per ora non modifica i tassi, ma indica un possibile taglio in futuro (magari quando alla guida dell'istituto si sarà già insediata Christine Lagarde) ed evoca un ritorno degli aiuti del quantitative easing.
La riunione del direttivo di ieri ha in parte deluso le attese dei mercati che puntavano a un'azione immediata. Vero che la Bce ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sul rifinanziamento marginale e sui depositi. Resteranno rispettivamente allo 0%, allo 0,25% e al 0,40 per cento. Il livello più basso di sempre.
Ma nella comunicazione di ieri, letta dal presidente Mario Draghi al termine del consiglio, c'è anche l'indicazione di un cambio di passo. L'attesa che i tassi «si mantengano su livelli pari a quelli attuali o inferiori almeno fino a tutta la prima metà del 2020 e, in ogni caso, finché sarà necessario per assicurare che l'inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine». La parte rilevante della formula utilizzata nella comunicazione della Bce è la disponibilità ad un taglio in futuro. Se fosse deciso sarebbe il primo dal 2016.
Uno dei problemi di un eventuale ulteriore allentamento della politica monetaria (e probabilmente uno degli argomenti di discussione nel board della Bce) è che la redditività delle banche ne risentirebbe. Per questo la Bce ha lasciato intravedere la possibilità di introdurre il «tiering» sui depositi, cioè una segmentazione dei tassi di interesse, che limiterebbe i danni.
La Bce annuncia il bisogno «di una politica monetaria altamente accomodante a lungo, dato che i tassi di inflazione restano sotto l'obiettivo di lungo periodo». La situazione dell'inflazione viene definita «inaccettabile»
Sull'area euro pesano le «circostanze sfavorevoli a livello mondiale». Draghi ha sottolineato che siamo di fronte a uno «scenario in cui si vedono segni di rafforzamento» su lavoro a retribuzioni, «ma allo stesso tempo le prospettive peggiorano soprattutto nel manifatturiero e in quei Paesi in cui questo settore è cruciale».
Per questo il consiglio della Bce non esclude di rafforzare la «forward guidance», cioè informazioni sulle future intenzioni sulla politica monetaria. Senza escludere una riedizione del quantitative easing (il comunicato cita la «composizione di potenziali nuovi acquisti di attività nette»). Strumenti che, comunque, non potranno essere attivati in tempi brevi.
La prudenza di Draghi ha in parte deluso i mercati. In Italia lo spread Btp/Bund è prima salito, poi sceso sotto quota 180. La Borsa, dopo avere virato in positivo, ha chiuso in flessione (-0,80% l'indice Ftse Mib).
I mercati si aspettavano risposte concrete, cioè un taglio dei tassi, o quantomeno l'annuncio di azioni in tempi meno lunghi rispetto alla seconda metà del 2020.
Una risposta a segnali allarmanti che arrivano dalla Germania. Ultimo, ieri, il calo dell'indice Ifo, uno dei principali barometri dell'economia tedesca, calato a 95,7 punti a luglio dai 97,4 punti di giugno. Si tratta del decimo calo in 11 mesi, il livello più basso dalla fine del 2012.
La risposta, dal punto di vista della politica monetaria, spetterà a Christine Lagarde, che ieri ha incassato il sì ufficiale del direttivo Bce e un riconoscimento di Draghi («Penso
che sarà una presidente eccezionale») che segna il passaggio di consegne. In questi è tornato a circolare il nome di Draghi come presidente del Fmi, spinto dalla Francia. Lui si è detto «onorato, ma non sono disponibile».
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