
Ma come diamine è possibile? Si interrogano perplessi, le labbra bagnate da una spuma bionda o da un caffè, premuti nei bar di mezza Italia, templi prediletti all'interno dei quali vaticinare formazioni, marcatori e, prima ancora, convocati. L'anno è il 1982 e scorrendo con l'indice inamidato lungo la lista, quel nome mica compare. Ma in quale universo lasci a casa il capocannoniere di questo e dello scorso campionato? Come farà a spuntarla, l'Italia, ai mondiali di Spagna? Enzo Bearzot ha chiamato Paolo Rossi nonostante due anni di inattività forzata. Poi Ciccio Graziani e Altobelli, e fino a qui c'è poco da obiettare. Poi Franco Selvaggi: ma come, c'è lui e non Pruzzo? Qualcuno appallottola la pagina del giornale sportivo e la lancia via. Finiti, siamo finiti.
Viene da chiedersi cos'abbia fatto di male Pruzzo, peraltro pure autore del gol scudetto a Marassi, per meritarsi un simile trattamento. Uno che per Nils Liedholm rappresenta un punto fisso, un animale d'area di rigore, viene così impunemente derubricato dal ct. Qualcosa che sfugge ai più dev'essere successo per forza, altrimenti la sentenza non si spiega. La questione - lo dirà Bearzot più avanti - non è affatto solamente tecnica. C'è anche - anzi, soprattutto - una non trascurabile venatura caratteriale che conduce fatalmente il ct alla conclusione di non chiamarlo, con annessa piccola insurrezione popolare.

Prima l'aspetto tecnico. Pruzzo - a dispetto dell'altezza - è un centravanti vero, ruvido, di quelli abituati a fare a sportellate in area di rigore. Sotto questo punto di vista rischia di sovrapporsi con Ciccio Graziani. Gli altri due, invece, ossia Rossi e Selvaggi, sono diversi. Il primo è uno spietato opportunista, capace di trasformare qualsiasi pallone vagante in area in un pericolo totale per gli avversari. L'altro è più una seconda punta, diverso per caratteristiche da Roberto.
Ma la questione che impatta di più nella decisione finale di Bearzot è un'altra, appunto. Lo spiegherà lo stesso mister, intervistato qualche anno più tardi: "Pruzzo era un brontolone, avrebbe sicuramente fatto dei casini se fosse rimasto in panchina. Decisi che sarebbe stato meglio non portarlo". Una scelta che - seppure dopo anni di faticosa digestione - è stata poi ritenuta opportuna anche dal diretto interessato. "Alla fine è stato giusto così - dichiarò - perché Paolo Rossi fece un mondiale strepitoso".
Già. Come si concluse quella spedizione azzurra lo sappiamo tutti. Certo l'inizio fu claudicante, con l'attacco intasato e i movimenti che non venivano giù fluidi.
Nei bar di mezza Italia già venivano emessi verdetti mortiferi: accidenti a quello, che non ha chiamato Pruzzo. Poi però le cose svoltarono per il meglio. E quasi tutti, a fine rassegna, dimenticarono come per magia che il capocannoniere della Serie A, quel mondiale lì, non lo giocò nemmeno per un minuto.