Nei mesi scorsi Mario Draghi si è battuto per arrivare alla Super Bce, l'organo che sulla base dell'accordo raggiunto dall'Ecofin la scorsa settimana, avrà il compito di vigilare sulle banche con asset per almeno 30 miliardi. Ciononostante, il presidente dell'Eurotower intende mantenere una posizione defilata per evitare accuse di eccessiva ingerenza. Di più: come ha ricordato ieri lo stesso Draghi all'Europarlamento, il presidente della Banca centrale «non farà parte» del futuro organismo responsabile del controllo sul credito che sarà «rigorosamente separato» dall'attuale consiglio direttivo. Una chiara replica alle accuse mosse la scorsa settimana dal presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, convinto che il numero di banche sistemiche sotto la lente della Bce doveva essere inferiore, e preoccupato da un possibile conflitto di interesse per l'abbinamento di responsabile della politica monetaria e della vigilanza. Da una parte, ha invece spiegato Draghi, resterà la tradizionale attività di politica monetaria, mentre l'altro versante si occuperà di esercitare la funzione di vigilanza, con un'intensità maggiore sugli istituti più grandi. «Non è un caso - ha aggiunto - che storicamente le prime Banche centrali erano supervisori delle banche commerciali».
Definito dall'ex governatore di Bankitalia «un punto di svolta chiave» per risolvere la crisi, l'accordo è inoltre un passaggio fondamentale per restaurare «la fiducia nel settore bancario dell'euro zona. Farà rivivere i prestiti interbancari e i flussi di credito transfrontalieri, con effetti tangibili sull'economia reale».
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