Bernanke manda al tappeto l'Europa

In tutte le Borse ribassi superiori al 3%, con Milano a -4,5% da inizio anno. Spread a 290, ai livelli di aprile

Bernanke manda al tappeto l'Europa

È già crisi d'astinenza. Acuta e dolorosa come tutte le privazioni. Poco importa se la droga della liquidità, spacciata a prezzi di saldo dalla Federal Reserve, è ancora tutta in circolazione: è bastato che Ben Bernanke, giovedì sera, chiarisse per la prima volta il timingdell'uscita delle misure di stimolo economico, per scatenare ieri sui mercati un sell-off violento come un temporale estivo. In una manciata di ore si è rivisto il vecchio spettacolo da bearish market, con l'onda lunga e prolungata delle vendite travolgere le Borse, alzare i rendimenti dei bond e far impennare gli spread anche per effetto dei nuovi, e preoccupanti, segnali di rallentamento dell'economia cinese.

L'Europa, in particolare, ha preso in un sol colpo una botta più stordente di quella rimediata da Wall Street (-1,4% a un'ora dalla chiusura) in due sedute. Da Milano a Francoforte, da Parigi a Madrid, le perdite hanno superato il 3%. In fumo, 230 miliardi di euro. Con il -3,09% di ieri, soprattutto a causa del peso specifico dei titoli bancari (-4,18%), Piazza Affari ha il poco invidiabile primato di essere l'unico listino in rosso (-4,45%) da inizio anno. Al tempo stesso, lo spread tra Btp e Bund ha scavalcato il muro dei 290 punti riportandosi ai massimi da aprile, mentre il rendimento dei decennali è tornato sopra il 4,5%. Non una buona notizia per il Tesoro in vista delle prossimi emissioni.

L'interrogativo principale è legato ai motivi di una reazione nel Vecchio continente tanto violenta e immediata da superare quella del mercato americano. La risposta più scontata è che in un mondo iper-globalizzato le decisioni dei principali policy maker si propagano a livello sistemico. Vero. Ma solo in parte. Perché, nell'immediato, nulla cambia. La banca centrale Usa continuerà ad acquistare asset per 85 miliardi di dollari al mese almeno fino al prossimo dicembre. Da gennaio dovrebbe poi iniziare il cosiddetto tapering, cioè la rimozione graduale degli stimoli economici, mentre in base al ruolino di marcia l'exit strategy sarà perfezionata a metà del 2014. A patto, però, che trovino conferma le previsioni dell'istituto di Washington sulla riduzione del tasso di disoccupazione dall'attuale 7,6% al 6,5%. Per essere centrato, l'obiettivo dovrà essere sostenuto dal passo di crescita dell'economia. E la crescita in maggio di appena lo 0,1% del Superindice, il “barometro“ che segnala l'evoluzione congiunturale nell'arco dei prossimi sei mesi, sembra contraddire il cauto ottimismo di Bernanke.

È evidente che nella risposta dei mercati c'è una forte componente psicologica. Ma non solo. Il quantitative easing è stato finora per l'Europa una specie di coperta di Linus, capace di coprire le assenze della Bce. Alla logica del QE Draghi si è sempre sottratto, ed è impensabile che l'Eurotower possa raccogliere il testimone della Fed ora che le elezioni in Germania sono dietro l'angolo. Di mezzo, però, c'è ancora tutta l'estate.

Un periodo tradizionalmente infido per i mercati, in cui gli investitori potrebbero prendere il largo dagli asset made in Eurolandia. Soprattutto se dovessero percepire che il bazooka Omt di Draghi è solo un fucile scarico.

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