Bocciato il "salva-Ilva" 2015

La Consulta: "Il decreto è anticostituzionale"

Bocciato il "salva-Ilva" 2015

A tre anni di distanza, la Consulta ha stabilito «l'incostituzionalità» di un decreto che nel 2015 aveva consentito l'utilizzo di un altoforno dell'Ilva di Taranto dopo l'infortunio mortale di un lavoratore nell'area. Di fatto, però, nonostante questa decisione oggi, come allora - la produzione di acciaio a Taranto non è a rischio e non si fermerà. Una mina disinnescata per i tre commissari che stanno accompagnando il gruppo siderurgico italiano verso la vendita ma che, da mesi, hanno le mani legate a causa del ricorso ambientale presentato dalla Regione Puglia al Tar.

Una vendita, quella promessa alla cordata Am InvestCo guidata dai franco indiani di Arcelor Mittal (85%), che sta andando ai tempi supplementari anche in ragione di un percorso sindacale e governativo che sta subendo i rallentamenti dettati dall'imminente cambio di governo. Interpellata in merito, la cordata in pista per l'acquisizione non commenta affidandosi alle rassicurazioni dei commissari: «La decisione - ha detto il commissario straordinario di Ilva, Enrico Laghi - non ha alcun impatto sulla continuità dell'attività produttiva. Non c'è nulla da temere per Taranto».

Quello dell'Ilva resta comunque un percorso ad ostacoli come dimostra questa nuova sentenza che, seppur tardiva, crea un precedente. Nel dettaglio, la Corte ha dichiarato illegittimi sia parte del decreto legge 92 del 2015 che della legge 132 dello stesso anno. La questione era nata dopo la morte di un giovane lavoratore «esposto, senza adeguate protezioni, ad attività pericolose nell'area di un altoforno», dice la Corte costituzionale. L'altoforno (Afo2) era stato sequestrato dalla Procura di Taranto, ma pochi giorni dopo il governo Renzi, con un decreto, aveva disposto la prosecuzione delle attività, a condizione che entro trenta giorni Ilva approntasse un piano di intervento contenente «misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio, non meglio definite», aggiunge la Consulta. Nella nota Ilva specifica che successivamente al decreto legge del governo, l'altoforno era stato dissequestrato per «la via ordinaria prevista dal codice di procedura penale», d'intesa con la Procura.

I giudici hanno bacchettato il governo e l'azienda, ritenendo che siano state privilegiate «unicamente le esigenze dell'iniziativa economica e sacrificata completamente la tutela addirittura della vita, oltre che dell'incolumità e della salute dei lavoratori». Inoltre, è stato contestato il modo usato dal governo di utilizzare un decreto e poi un'altra legge per inserire la norma nella conversione parlamentare. Di fatto, però, si tratta di semplici richiami senza conseguenze.

A questo punto, a livello industriale, dopo l'incontro in calendario il 21 marzo, e poi revocato, il prossimo appuntamento è per la prossima settimana.

Il 29 marzo dovrebbe, infatti, continuare il confronto al ministero dello Sviluppo economico tra Am Investco, la cordata guidata da Arcelor Mittal, e Fim Fiom e Uilm con cui dare il via all'esame del piano industriale ed entrare nel vivo della trattativa per la cessione degli impianti.

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