
Paolo Mieli è un giornalista, è stato direttore della Stampa e del Corriere della Sera, è uno studioso, uno storico molto prestigioso. Iniziò come allievo di Renzo de Felice, da ragazzo. Il suo ultimo libro si intitola Il prezzo della pace (edito da Rizzoli, in libreria da fine agosto). A tal proposito gli chiedo se ha un senso il paragone del Presidente Mattarella con la situazione del 1914.
Davvero la prima guerra mondiale scoppiò per un errore di calcolo delle potenze?
"Scoppiò per un errore di calcolo delle potenze molto simile a quello che si sta facendo oggi. Noi diamo per scontato che ci sia la Nato, ci sia l'alleanza tra Stati Uniti ed Europa e che questo sia una garanzia di stabilità. Ma la Nato non c'è più, e neanche l'unità atlantica. Nessuno in caso di aggressione a un paese Nato rispetterebbe l'articolo 5, cioè si dichiarerebbe pronto a intervenire militarmente. Paesi come la Spagna, per esempio, troverebbero mille scuse per tirarsi indietro. Ma soprattutto si tirerebbe indietro Trump. Non gli passa neanche per la testa di andare a combattere per i paesi baltici...".
E la Russia ne approfitta?
"La Russia sa di avere questa opportunità per tutto il tempo che ci sarà Trump alla Casa Bianca. Sa che la Nato è fuori gioco. Hai visto che è successo coi droni che hanno attaccato la Polonia? Che risposta c'è stata? Hanno nominato una commissione che ha il compito di esaminare i droni per capire se poi davvero quei droni... Diciamo che non c'è stata nessuna risposta".
I droni russi in Polonia non sono un errore?
"Non uno o due, ma 19 droni che partono dalla Bielorussia alla volta della Polonia non possono essere un errore".
Perché li hanno lanciati?
"Hanno voluto vedere come si sarebbe comportata la Nato. E la Nato ha risposto a chiacchiere".
Di chi è la colpa?
"Le responsabilità risalgono a quando Obama mise la linea rossa da non oltrepassare in Siria: la Russia la oltrepassò e l'America fece finta di niente. Poi nel 2014 ci fu la presa della Crimea. E tutti a guardare in silenzio. Poi sono arrivati Trump e Biden e hanno realizzato il ritiro dall'Afghanistan che è stato disastroso. Come nel 1975 era stato il ritiro precipitoso dal Vietnam, ordinato da Ford. Una disfatta, con gli alleati lasciati in balia dei nemici. Sono sconfitte cocenti che segnano intere generazioni. E se le generazioni sono segnate sarà difficile poi chiedere loro di andare a combattere".
E ora Trump non ha nessuna intenzione di intervenire?
"Certamente no. Non ha voglia di fare la guerra anche perché sa che la perderebbe. Tutte le guerre che l'America ha fatto dopo la fine della guerra fredda le ha perse (tranne la prima guerra del Golfo). Putin lo sa, e ora tocca il polso all'Occidente: oggi con l'attacco alla Polonia, domani ai paesi baltici. Perché sa che una posizione così favorevole non gli capiterà mai più".
Trump ha sbagliato ad invitare Putin negli Usa?
"Trump ha sbagliato a regalare a Putin una riabilitazione in cambio di niente. Doveva ottenere in cambio qualcosa. Invece Putin lo ha preso in giro. Mentre Trump gli stendeva un tappeto rosso, lui bombardava Kiev più di prima. Fino ad attaccare la sede del governo. È da quindici giorni che bombarda a tappeto. Nell'indifferenza mondiale. Dei morti e feriti ucraini a nessuno gliene frega niente".
Travaglio, Bonelli, una parte della sinistra sostengono che sia l'Europa e non la Russia a giocare alla guerra...
"Non è assolutamente così. I filo-tedeschi dicevano che era sempre colpa dei paesi che ce l'avevano con la Germania negli anni '30, così i filo russi oggi dicono che è colpa dell'Europa".
Di fronte alla provocazione della Russia, con i droni sulla Polonia, l'Europa come dovrebbe comportarsi?
"L'Europa dovrebbe essere parte attiva nel passaggio degli articoli 4 e 5 della Nato, senza fare la guerra, ma facendo capire che se succede un'altra volta è guerra, e che è pronta a bombardare le basi russe da cui sono partiti i droni".
Parliamo un minuto della Flotilla. Lei si è chiesto: perché non vanno sul mar Nero ad aiutare l'Ucraina?
"L'ho chiesto alla capa della flottiglia, mi ha risposto che andranno anche in Sudan dove c'è la necessità di portare viveri piuttosto che nel Mar Nero".
Crede che la flotilla sia solo un'operazione di propaganda?
"La flotilla per il momento sembra fatta per essere respinta".
Farà la cosa giusta Israele a respingerla?
"Se io fossi Israele, una volta fatte le perquisizioni necessarie, farei approdare la flotilla. Se loro accogliessero questi della flotilla e gli facessero consegnare il cibo ai palestinesi farebbero bella figura. Sono convinto che a volte devi sorprenderlo l'interlocutore. Non devi fare sempre esattamente quello che l'interlocutore si aspetta e questo è il dramma dal 7 ottobre in poi. Israele sta facendo esattamente quello che chi lo provoca vuole che Israele faccia. Dopo due anni sarebbe arrivato il momento che si svegliassero e avessero la capacità di fare una contromossa sorprendente".
C'è una polemica sui soldati israeliani in vacanza in Italia. C'è una interrogazione parlamentare della Boldrini.
"Ci sono stati soldati che si sono suicidati pur di non andare a combattere. I nemici di Israele non si rendono conto del fatto che Israele è un paese come l'Italia, dove c'è di tutto, qualsiasi opinione. Il critico più violento di Netanyahu è l'ex Primo Ministro Olmert. Pensa che gli volevano impedirgli di venire in Italia in quanto ex primo ministro. Ogni cittadino israeliano maschio ha combattuto in qualche guerra".
Cresce l'antisemitismo?
"Ci avviamo a un anno sempre più ostile all'israeliano e all'ebreo. Un antisemitismo così esteso non lo abbiamo mai conosciuto da quando stiamo al mondo".
"Il prezzo della pace" è il titolo del suo ultimo libro. Mi dica: quale è il prezzo?
"Capire le ragioni dell'altro, soprattutto se sei vincitore, capire le ragioni del perdente. Il peso della pace è che la pace non può che consistere in un compromesso in cui vengono riconosciute le ragioni dei vincitori e le ragioni dei perdenti. Il vincitore deve saper concedere qualcosa al perdente, soprattutto in un momento come questo in cui non è chiaro chi siano i vincitori e chi siano i perdenti. Se tu vuoi fare una pace mentre la guerra è ancora in corso e quindi non c'è un vincitore che ha schiacciato il perdente, la cosa è ancora più complessa.
Tra Russia e Ucraina chi l'ha detto che hanno vinto i russi? Se la guerra dura 10 anni può finire come in Afghanistan, che i russi crollano. Le paci si fanno non quando uno impone sul più debole tutte le ragioni, perché lì si crea un risentimento che è una finta pace, e allora si ricomincia con la guerra".