
Roma Non si può dare la colpa del libero mercato (il passaggio è ancora lontano, scatterà sia per luce sia per gas nel luglio 2019), ma le tariffe dei servizi essenziali negli ultimi due anni hanno ripreso a correre, oltre l'inflazione. Negli ultimi 16 mesi sono aumentate, in media, del 6%; quasi quattro volte il ritmo di crescita registrato dai prezzi al consumo nello stesso periodo (+1,6%), secondo un'analisi condotta da Fipac, associazione dei pensionati autonomi. Gli aumenti più consistenti sono quelli che riguardano l'energia elettrica e l'acqua: più 9,7% tra il 2017 e i primi quattro mesi del 2018. Anche prezzi del gas tornano a crescere dopo periodo di cali: +4,5% negli ultimi 16 mesi. Variazione più contenute per la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, che si ferma a +1,1%.
La spesa generale per pagare i servizi è di 1.300 euro all'anno, anche per categorie a rischio come i pensionati, vedovi e vedove percettori di reversibilità. «Mediamente, un ultra 65enne che vive senza familiari - segnala la federazione che aderisce a Confesercenti - con un'abitazione di 50 metri quadri ed un consumo annuo di 80 metri cubi di acqua, 900 metri cubi di gas e 1.600 kwh, spende 1.316 euro l'anno, pari al 9,3% del reddito medio dei pensionati (14.092 euro l'anno)».
L'aumento delle bollette «è pesante per tutti, ma è una vera catastrofe per i circa 4 milioni di anziani rimasti soli in Italia», spiega Sergio Ferrari, Presidente di Fipac. «Si tratta, in larga misura, di persone in una posizione debole, per tre quarti vedove che percepiscono una pensione inferiore alla media . Serve un intervento urgente per chi può contare su una sola pensione ed è in difficoltà».
Gli aumenti più recenti sono quelli legati ai rincari del greggio. L'ultimo, il primo luglio deciso dall'autorità dell'energia: bolletta della luce più cara del +6,5% e metano del +8,2%.
Tra le criticità, oltre al costo delle materie prime, la difficoltà nella riscossione da parte delle aziende pubbliche, particolarmente grave nel caso della tariffe dei rifiuti. Una recente analisi di Crif Ratings condotta sui bilanci dei comuni italiani, ha calcolato i mancati incassi su base pro capite relativi alla tassa rifiuti del 2016. La situazione più critica è quella di Roma, dove mancano all'appello 149 euro per cittadino e 198 euro se si considera Roma come città metropolitana, con la più bassa percentuale nazionale di riscossione sull'accertato: il 29%.
A livello regionale, dopo il Lazio, c'è la Sicilia (circa 77 euro), la Campania (63 euro) e la Calabria (circa 45 euro).
Tra le regioni virtuose si
trovano quelle a statuto speciale del Nord Italia (Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Val d'Aosta), la Lombardia e il Veneto con mancati incassi pro capite inferiori a 10 euro (ovvero meno dell'4% dell'accertato).