È boom per il Nasdaq cinese. Rialzi del 140% all'esordio

Successo per il nuovo listino tecnologico di Shanghai Ma i big come Alibaba e Tencent non sono presenti

È boom per il Nasdaq cinese. Rialzi del 140% all'esordio

Esordio con il botto per lo Star Market, il Nasdaq cinese. Una nuova vetrina per i titoli tech di Pechino che arriva nel bel mezzo della faida commerciale tra Cina e Stati Uniti e, nelle intenzioni, dovrebbe emancipare le società orientali, ancora troppo dipendenti dalle risorse e dalla liquidità extranazionale.

Questa nuova piattaforma - gestita dallo Shanghai Stock Exchange (Sse), tra le principali borse valori in Cina - si compone al momento di 25 titoli quotati. Nella maggior parte dei casi si tratta di società che fanno chip e tecnologie per l'informazione o applicate alla medicina. E, nella prima giornata di scambi, hanno fatto segnare rialzi medi del 140%. Ma ci sono stati anche guadagni molto più consistenti: sul podio è salita, per esempio, la produttrice di moduli per pannelli solari Anji (+500%). Si tratta di «valori più folli di quanto si sarebbe potuto immaginare», ha commentato Stephen Huang, vice presidente del fondo Shanghai See Truth Investment Management aggiungendo che «quelle che si sono quotate sono buone compagnie, ma le valutazioni sono troppo alte: comprare ora non ha senso».

Ma l'ascesa dello Star è solo all'inizio. Le società si sono messe in coda per entrare nel nuovo listino e ci sono già oltre 140 compagnie in attesa che hanno portato la liquidità raccolta verso 20 miliardi di dollari. Numeri da capogiro anche se gli analisti restano cauti e sottolineano il fatto che manchino all'appello i cosiddetti «unicorni», le startup da un miliardo di dollari, e non ci sia traccia dei grossi calibri come Alibaba o Tencent, che hanno invece scelto New York o Hong Kong.

Secondo il Financial Times, il listino sta diventando interessante sia per gli imprenditori sia per gli investitori. Sul primo fronte, è di rilievo la possibilità di quotare diverse classi di azioni, mantenendo dunque il controllo delle società grazie alla diversificazione dei diritti di voto. Spazio anche agli speculatori che scommettono sulla possibilità di fare short selling, ovvero di puntare contro un titolo comprandone di fatto la prospettiva di un ribasso (pratica altrove soggetta a stretti limiti), così come l'assenza di limiti di oscillazione giornaliera dei prezzi: durante i primi cinque giorni di negoziazione, non viene imposto alcun limite di fluttuazione giornaliera (è al 10% per le borse di Shanghai e Shenzhen). Dopo questo breve periodo il limite sarà del 20%.

Per cercare di controbilanciare i rischi, il mercato è limitato per gli investitori retail: lo scambio di azioni è aperto solo a trader con due anni di esperienza e un portafoglio minimo consistente, e le società quotate devono riservare almeno la metà dei

loro titoli a investitori istituzionali. Guardando al passato, i precedenti tentativi della Cina di creare un rivale al Nasdaq risalgono al 2009 e al 2013, ma fallirono entrambi a causa della mancanza di società di qualità.

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