Borse, ancora benzina sui rialzi

Il vecchio adagio borsistico «sell in may and go away» («vendi in maggio e vai via») non sembra funzionare più: adesso si compra, a mani basse, senza troppe riflessioni. Dopo due giorni di pausa, Tokio ha riaperto ieri i battenti suonando la grancassa (+3,55%) e toccando i massimi dal giugno 2008; a Francoforte, al Dax è bastato un progresso dello 0,86% per stabilire il record storico; Milano ha messo in carniere un guadagno dell'1,54% tra vistosi strappi verso l'alto dei titoli bancari. Ma la corsa all'acquisto è un po' ovunque, mentre Wall Street continua ad annusare il profumo di nuovi primati. È un'onda rialzista che si muove compatta da Oriente a Occidente e che non si può spiegare solo con le ultime good news rimbalzate dalla Germania (un inatteso aumento del 2,2% in marzo degli ordini all'industria), né con le trimestrali superiori alle stime di Commerzbank, Allianz e SocGen.
La benzina che alimenta il flusso di acquisti è sempre la stessa: l'azione con cui le banche centrali, soprattutto Federal Reserve e Bank of Japan, stanno offrendo stimoli economici attraverso lo schiacciamento dei tassi e le manovre di quantitative easing. Una liquidità monstre che si convoglia sui bond o sui titoli azionari senza tener conto dello scollamento profondo tra l'esuberanza finanziaria e la debolezza dell'economia reale in alcune aree, a cominciare all'eurozona. Anche perché gli hedge fund hanno ormai rotto gli indugi: la loro esposizione netta sulle azioni ammontava a fine aprile a 44 miliardi di dollari. Un record.
Anche la Bce sta del resto contribuendo a cambiare il mood dei mercati. L'incubo spread Btp-Bund, sceso ieri a quota 256, sembra dissolto. Una manna per i nostri titoli di Stato, anche se il fenomeno si estende a Paesi in odore di default fino a poche settimane fa, come la Slovenia, oppure ad alcune nazioni africane politicamente instabili. Un clima che sta anche agevolando l'emissione di corporate bond. L'operazione da 17 miliardi varata da Apple è solo la punta dell'iceberg, come dimostra l'intenzione manifestata ieri da Enel di emettere obbligazioni fino a cinque miliardi di euro. Con la crescente «fame» di rendimenti, è un modo per finanziarsi a basso costo, ridurre l'indebitamento e affrancarsi dalla dipendenza dal sistema bancario.
Ciò vale, però, solo per le grandi imprese. In Europa gran parte della liquidità offerta dalla Bce con le operazioni di Ltro non è stata impiegata dagli istituti per aiutare le pmi, ma è servita per comprare bond o azioni. Draghi ha ventilato l'ipotesi di far pagare alle banche la liquidità che parcheggiano presso l'Eurotower, con lo scopo di rimettere in circolo più risorse.


Ammesso che ci riesca (la Germania ha oltre 30 miliardi nei caveau della Banca centrale), non è detto che la mossa funzioni. Prima o poi, dunque, serviranno ben altre misure per evitare un repentino dietrofront dei mercati se il ciclo economico non ripartirà.

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