La burocrazia costa ai Comuni 14,5 miliardi ogni anno

A patire di più il peso dei costi della burocrazia sono i comuni più piccoli. Il costo pro-capite nazionale è di 251 euro, soldi che le amministrazioni comunali tolgono a bisogni più impellenti

La burocrazia costa ai Comuni 14,5 miliardi ogni anno

Il messaggio che il rapporto stilato dall’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre (Cgia) vuole fare passare è semplice: i Comuni, pure se in modo differente a seconda della grandezza, sono messi in difficoltà dalle misure, dalle procedure e dai paletti imposti dalle autorità legislative e dai ministeri. La burocrazia continua a lasciare chiare tracce.

Il totale annuale che grava sui comuni è di 14,5 miliardi di euro, denaro dei contribuenti che in parte potrebbe essere speso meglio. Ogni cittadino destina in media 251 euro alla burocrazia del proprio comune, cifra che sale nei centri più piccoli.

Burocrazia comuni
Burocrazia comuni 2020

L’impatto minore si registra, come mostra il grafico sopra, nei comuni con 20.000 – 60.000 abitanti laddove il costo pro-capite è di 208 euro, il 60% in meno dei 344 euro sostenuti da chi vive nei piccoli centri fino a cinquemila abitanti.

I costi e la burocrazia

Restando nei termini dei valori medi e considerando che i dati elaborati dalla Cgia di Mestre sono relativi al 2020 (non ce ne sono più recenti), la spesa di un comune è assorbita per il 27% dalle questioni burocratiche. In altri termini, un euro ogni quattro spesi dalle amministrazioni locali è destinato a iter imposti dall’alto i quali, per essere rispettati, necessitano di personale, tempo e materiali che gravano sui bilanci e, soprattutto, non vengono impiegati per le necessità più impellenti di cittadini e imprese.

Non è tutto denaro gettato al vento, ne fanno parte risorse che possono essere impiegate altrimenti ma anche servizi di primaria utilità per le utenze: tra queste lo stato civile, le elezioni o i servizi anagrafici per citarne alcuni. Si tratta, in questi casi, di servizi imprescindibili i cui costi sono già ridotti all’essenziale e che non permettono ulteriori risparmi. In altri casi, però, la scarsa cultura digitale, soprattutto se unita all’imponente matassa di norme, regolamenti e leggi il cui rispetto può essere snellito.

Rispetto al 2019 i costi della burocrazia sono calati dell’1,1%. Al di là del mero valore numerico, questo significa che si tratta di spese che possono essere compresse.

Il peso sulla spesa corrente

Il parametro usato dalla Cgia di Mestre per dare un peso specifico ai costi della burocrazia è il rapporto tra le spese per il funzionamento delle amministrazioni comunali e quelle sostenute in totale ogni singolo anno.

La Valle d’Aosta sopporta il peso maggiore: il 41,8% delle spese dei comuni (ossia 97 milioni) è destinato alla burocrazia. Il Lazio è la Regione in cui il peso è minore, con il 22% (pari a 1,594 miliardi di euro).

La Lombardia impiega ogni anno 2,178 miliardi di euro (il 24% delle risorse).

Oltre alla già citata Valle d’Aosta, le Regioni in cui mediamente i comuni impiegano almeno il 30% delle proprie risorse per soddisfare le richieste burocratiche sono sette: Basilicata (34,6%, 152 milioni di euro annui), Molise (34,5% ovvero 93 milioni), Sicilia (33%, 973 milioni), Calabria (32,8%, 513 milioni), Trentino Alto Adige (31,7%, 447 milioni), Friuli Venezia

Giulia (30,3%, 420 milioni) e Piemonte (30%, 1,083 miliardi di euro).

Ciò dimostra che non vi è una geografia specifica, l’esuberanza burocratica interessa tanto il Nord quanto il Sud dell’Italia.

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