Dal 3 maggio «Saipem avrà due amministratori delegati». Così si commenta, nel mondo finanziario, la scelta di affiancare all'ad Stefano Cao, un presidente di peso come Francesco Caio. All'indomani della presentazione delle liste per la nomina dei nuovi vertici aziendali in casa Saipem, la scelta dei due principali azionisti - Cdp Equity (12,5%) ed Eni (30,54%) - solleva più di un dubbio. «La convivenza non sarà facile spiega una fonte temendo che, ai problemi finanziari del gruppo, si possano aggiungere lotte intestine».
Tutti gli occhi sono puntati sul cda post assemblea e sulla reale definizione delle deleghe ai vertici. Difficile, che una figura come quella di Caio possa essere stata scelta per adempiere a ruoli di semplice rappresentanza, quelli che assolve tipicamente il presidente. Ex ad di Poste Italiane, scelto dal Pd nel 2014, Caio ha un importante passato nelle tlc. Ha guidato Omnitel, poi la sua capogruppo Olivetti. Dopo la guida della Merloni ha lasciato l'Italia per la britannica Cable & Wireless. Nel biennio 2008-09 è stato consulente per i governi inglese e italiano nella definizione delle politiche industriali per lo sviluppo delle reti a banda larga. Poi è stato ad di Avio.
Che ruolo avrà dunque in Saipem? Fonti vicine alla società si aspettano novità importanti sulle sue deleghe, che potrebbero avere direttamente a che vedere con il futuro industriale della società: «Mentre Cao è soprattutto un ingegnere e continuerà ad occuparsi degli aspetti di business petrolifero, Caio avrebbe il giusto profilo internazionale per traghettare la società verso una importante fusione, un'operazione che aiuterebbe il rilancio», commenta una fonte spiegando che Caio potrebbe mettere in piedi una operazione «che non releghi Saipem a mera preda».
D'altra parte il mercato che ruota intorno al business petrolifero è in crisi da molto tempo e ha bisogno di fare massa critica per affrontare il taglio degli investimenti nel settore. Un'opzione che potrebbe risollevare le sorti ino s pem, in crisi nera da anni a causa della flessione del prezzo dell'oro nero, di un doppio profit warning e di alcuni scandali giudiziari. Un rilancio che l'ad Cao sta tentando attraverso un'attenta riduzione dei costi. Ma la strada di Saipem è sempre più lastricata di difficoltà.
Solo un mese fa Consob ha contestato i conti 2015 trovando errori rilevanti per circa 1,3 miliardi nelle svalutazioni. E il 2017 non si è chiuso sotto i migliori auspici: i ricavi sono scesi del 10% a 8,99 miliardi e il calo in Borsa da inizio anno è stato di oltre il 16%. Ieri, poi, Consob ha contestato il prospetto informativo dell'aumento di capitale da 3,5 miliardi realizzato nel 2016 e in particolare le parziali informazioni relative al capitale circolante. Un'altra tegola che potrebbe costare all'azienda e ai suoi amministratori fino a 500mila euro di sanzioni. Nuove difficoltà sulla strada del rilancio e per gli azionisti. Basti pensare che Cdp, dopo aver messo sul piatto 903 milioni per rilevare il 12,5% di Saipem dall'Eni, si trova in mano una partecipazione che ne vale 600 in meno. Cdp aveva sottoscritto pro-quota l'aumento di capitale da 3,5 miliardi e oggi il valore di Borsa di Saipem supera di poco i 3,23 miliardi.
Èd a fronte di queste perdite che va letta la nomina di Caio.
«Cdp ha sempre detto di essere un investitore di lungo periodo e anche Eni non è certo prossima a vendere in toto la sua quota, soprattutto a questi prezzi - spiega un fonte - cosi Caio può rappresentare il salvagente sul quale puntare per cercare di risollevare le sorti dell'azienda e del titolo, nonché indirettamente, tutelare i bilanci dei due principali azionisti di Stato».
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