Allarme Carige. In Piazza Affari si è verificato un vero e proprio «fuggi fuggi» dopo che lunedì è stato annunciato l'ennesimo rafforzamento patrimoniale da 400 milioni. Il titolo, rientrato in contrattazione solo a fine seduta dopo quasi due giorni di sospensione, ha subito dimezzato i propri valori chiudendo a 0,001 euro. Volumi da brivido, soprattutto se si considera che il titolo è rientrato in negoziazione solo nella parte finale della seduta: sono passate di mano quasi 1,2 miliardi di azioni rispetto ai 2,8 miliardi di titoli che costituiscono il capitale sociale di Carige. La sensazione è che l'accordo raggiunto lunedì tra la banca e il Fondo Interbancario per la sottoscrizione di 320 milioni di bond subordinati abbia garantito solo i tempi supplementari per trovare un partner.
Sul fronte dei correntisti, un portavoce della banca ha gettato acqua sul fuoco: la situazione sarebbe sotto controllo, non si sarebbero quindi registrate fughe di capitale dalla banca, né agli sportelli né online. Almeno nelle ultime 48 ore. D'altro canto, la tensione sull'istituto ligure è alle stelle da tempo: negli ultimi quattro anni sono stati effettuati ben tre aumenti di capitale (per un ammontare di oltre 2,2 miliardi) e ciascuno di essi, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere risolutivo per la sopravvivenza del gruppo. Con la quarta ricapitalizzazione alle porte, è probabile che parte dei correntisti di Carige si sia già, da tempo, attrezzata a ridurre le giacenze sotto i 100mila euro garantiti dal Fondo Interbancario. Non è un caso che in dodici mesi si siano volatizzati quasi due miliardi di raccolta netta, passata dai 18,2 miliardi del settembre 2017 ai 16,3 attuali.
A tranquillizzare il mercato non sono bastate le parole del presidente, Pietro Modiano, e dell'ad, Fabio Innocenzi, che ieri, in un incontro con i dipendenti dell'istituto, hanno nuovamente sottolineato come la manovra in corso metta in sicurezza la banca. In teoria, stando alle parole del top management, una volta completata la manovra, la banca sarebbe pronta per ripartire. Anche perché ormai i bilanci, con le ispezioni della Bce, sono stati oggetto di una «radicale pulizia». Insomma, non ci dovrebbero esser ulteriori sorprese dopo le svalutazioni da 219 milioni effettuate con l'ultima trimestrale.
Tuttavia, tra i soci di riferimento di Carige che la scorsa estate hanno lottato fino all'ultimo sangue per il controllo della banca, solo Raffaele Mincione (al 5,4%) ha data la disponibilità a puntare una fiche da 20 milioni sul gruppo. Né Malacalza Investimenti (al 27,55%), né Gabriele Volpi (al 9,09%) si sono assunti alcun impegno a sostegno dell'operazione di salvataggio. E anche all'interno del Fondo Interbancario, posto che l'obolo è su base volontaria, si iniziano a contare le prime defezioni. Come quella di Ubi il cui ad, Victor Massiah, ieri ha negato l'intervento della banca a fianco di Carige.
Qualora manchi l'apporto di altri soci prima di tutto con il bond lanciato il primo dicembre e, in seguito, con l'aumento di capitale destinato a rimborsare il Fondo, quest'ultimo assumerebbe il controllo di Carige, nonostante si tratti di una soluzione in contrasto con quanto previsto nello statuto del Fondo stesso.
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