Economia

Carige, il saluto di Berneschi: «Me ne vado senza rimpianti»

Carige, il saluto di Berneschi: «Me ne vado senza rimpianti»

Una lettera aperta per chiudere un lungo ciclo. Dopo 56 anni, un record. È quella che il presidente uscente di Carige, Giovanni Berneschi, ha pubblicato a pagamento ieri su alcuni quotidiani. Quello che sorprende del messaggio è l'assoluta assenza di qualsiasi polemica nei confronti del principale azionista dell'istituto ligure, la Fondazione Carige (46,4%), che con le dimissioni in massa dei «propri» consiglieri ha sfiduciato il vecchio dominus. «Ho sempre lavorato con passione ed entusiasmo - ha scritto - guardando solo al bene dell'istituto».
E anche in una successiva intervista televisiva, il numero uno, che dal primo ottobre passerà il testimone a Cesare Castelbarco, ha respinto le accuse senza inveire contro il presidente della Fondazione, Flavio Repetto. In della Procura di Genova sulla base delle ispezioni di Bankitalia, Berneschi ha replicato: «Non abbiamo ammazzato nessuno, abbiamo solo fatto il bene della banca, non hop rimpianti». Secondo via Nazionale, gli affidamenti (17% degli impieghi totali) concessi ad alcuni imprenditori liguri e azionisti di Carige (Gavio, Coop, Bonsignore, i fratelli Orsero e il gruppo Preziosi) non sarebbero stati adeguatamente rettificati. Le controdeduzioni, che Berneschi sta preparando, si baserebbero sull'assunto che l'erogazione sia stata effettuata su basi prudenziali e che solo in seguito siano emerse criticità.
In ogni caso, dal primo ottobre molto cambierà nella banca genovese e molto potrebbe cambiare anche nella Fondazione il cui cda, eccettuato Repetto, è in scadenza. Il territorio di Imperia cercherà maggiore rappresentanza vista l'esclusione dal board della banca. La posizione del presidente potrebbe indebolirsi.
La storia di Carige, tuttavia, dimostra come l'intero sistema del credito locale, fondato su una rete di relazioni e conoscenze personali e «politiche» sia in profonda sofferenza. In fondo, quella che si è consumata a Genova è stata una battaglia per evitare l'ormai ineluttabile aumento di capitale che contribuisca al rafforzamento patrimoniale da 800 milioni richiesto dal governatore Visco. È la stessa storia della Popolare di Spoleto, commissariata da Bankitalia e in dirittura di cessione. Mps aspetta con ansia di poter cedere il proprio 26% alla cordata costituita da imprenditori e Fondazioni umbre.

Un mix che a Carige non ha portato bene.

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