Si complica il salvataggio di Carige. Ieri lo «schema volontario del Fondo interbancario», dopo il ritiro improvviso e inatteso di Blackrock, ha rinunciato a convertire il bond da 312,8 milioni dell'istituto ligure. Doveva essere il tassello base della ricapitalizzazione da 720 milioni che doveva poi essere completata dalla stessa Blackrock, magari con qualcuno degli attuali azionisti. Ma senza la conversione, come nel gioco dell'Oca, si torna al punto di partenza. Anche se il Fondo potrebbe tornare sui suoi passi se si trovasse una soluzione diversa nei prossimi giorni, come ha detto ieri il direttore generale del Fondo, Giusepe Boccuzzi.
Ma adesso come se ne esce? Lo scenario della ricerca di un altro soggetto che replichi lo schema Blackrock rimane in piedi ma, al di là della buona volontà di tutti, è quello meno verosimile: se ci fosse stato qualcuno interessato a Carige si sarebbe fatto vivo prima.
L'ipotesi dell'intervento dello Stato con la «ricapitalizzazione precauzionale» prevista dal decreto legge di fine anno scorso è al contrario la più gettonata, ma i più acuti osservatori delle vicende bancarie europee sollevano dubbi sull'ok comunitario: se la Commissione non ha ammesso la procedura nemmeno per le venete (nel 2017), perché considerate banche non sistemiche, è ben difficile che conceda il meccanismo a Carige. E quindi lo scenario più probabile potrebbe essere un altro.
Non è un caso che l'ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, ripeta da tre giorni che «tutte le banche dovrebbero essere coinvolte nel salvataggio di Carige». Aggiungendo anche che «ciascun istituto dovrebbe contribuire in modo proporzionale». Un chiaro riferimento al Fondo interbancario. Ma non allo «schema volontario» che non può in nessun caso prendere la maggioranza di un istituto. L'idea, tenuta sottotraccia, sarebbe invece un'altra, e cioè l'intervento del Fondo interbancario «classico», cioè quello obbligatorio, che potrebbe essere caldamente invitato a entrare in gioco dalla Banca d'Italia.
L'idea non è nuova: il Fondo doveva intervenire già nei dissesti del 2015. Ma fu bloccato dalla Commissione Ue per gli aiuti di Stato. Intervento che però è stato successivamente (e tardivamente) annullato dalla Corte di Giustizia Ue (su ricorso della Pop Bari sostenuta dalla stessa Bankitalia) che ha negato gli aiuti di Stato: i soldi del Fondo sono delle banche e quindi privati. A questo punto, nulla osterebbe all'intervento del Fondo, vecchio stile.
L'unica altra alternativa è che Mustier pensi anche a Unicredit: in caso di nulla di fatto,
l'ultima strada possibile sarebbe lo schema seguito per le venete, con la creazione di una bad bank le cui perdite siano interamente garantite dallo Stato. E dopo Intesa Sanpaolo, a questo giro toccherebbe, appunto, a Unicredit.
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