La compagine delle Fondazioni in seno all'azionariato di Cdp registra una defezione. CariVerona che detiene il 2,57% dell'istituto di Via Goito ha inviato la lettera di recesso. Ma gli altri 64 enti, che complessivamente detengono il 27,43% della Cassa, serrano le fila dietro al presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti. «Non esiste una disgregazione del fronte delle Fondazioni, viaggiamo compatti con la volontà di rimanere all'interno di Cdp», ha detto il numero uno di Fondazione Cariplo.
Il problema si trascina da tempo: gli enti di origine bancaria devono trasformare il loro 30% di Cdp detenuto con azioni di privilegio in ordinarie. Il prezzo di conversione che il Tesoro ritiene corretto è di circa 5 miliardi), mentre le Fondazioni non vorrebbero sborsare più di 1,5 miliardi, considerato che le banche conferitarie non solo hanno chiesto loro risorse con vari aumenti di capitale ma in molti casi non hanno nemmeno erogato dividendi. «Adesso bisogna trovare una soluzione entro il 15 dicembre» quando è prevista l'assemblea di Cdp «ma sono ottimista - ha aggiunto Guzzetti - se si rispetta l'equità, la legge e il parere del Consiglio di Stato (che ha chiesto un provvedimento di legge per evitare una battaglia legale, ndr), credo ci siano le condizioni per rimanere all'interno della Cassa». Ecco perché Guzzetti spera che alla fine CariVerona possa avere «un momento di ulteriore riflessione». Matteo Melley (CariSpezia) gli ha fatto eco: «Ci auguriamo che le scelte possano essere condivise da tutti, resteremo coesi».
Tuttavia la mossa del presidente veronese Paolo Biasi, che da sempre si muove in maniera autonoma rispetto ai colleghi e anche all'establishment della finanza italiana, evidenzia comunque un malessere che pervade tutta gli associati all'Acri.
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