Pierluigi Bonora
Guillaume Cartier, a capo di vendite e marketing di Nissan Europa, tira le orecchie al governo per il carico fiscale e per i tempi lunghi del nostro Paese nello sviluppo di una politica concreta sulla mobilità elettrica. Su quest'ultimo aspetto la Penisola è «in forte ritardo - afferma - per non dire bloccata. La Spagna è un esempio virtuoso; ma l'Italia, a oggi, non riesce proprio a crescere». Eppure la rivoluzione appare alle porte visto che «nel 2020 l'autonomia delle batterie supererà i 500 chilometri». Anche dall'estero, comunque, vedono l'incidenza delle tasse sul settore come un problema serio: «Il peso del fisco, e non solo sulle macchine di lusso - avverte Cartier - fa sì che il mercato italiano si concentri sempre di più sui modelli di segmento A e B, cioè sulle piccole automobili, che sono quelle meno remunerative per i costruttori».
Su quello che succederà una volta che Nissan avrà acquisito il 34% di Mitsubishi, Cartier nota che «possiamo diventare i nuovi Big Three visto che, contando i marchi dell'alleanza Nissan-Renault (celebra il 17° anno, ndr), insieme all'altra Casa giapponese si andrebbe oltre 10 milioni di unità». Cartier è convinto che «un gruppo senza un sufficiente volume di vendite avrà parecchie difficoltà a medio termine; solo in questo modo, infatti, è possibile abbattere i costi di produzione». È quello che ripete anche l'ad di Fca, Sergio Marchionne, soprattutto in relazione alla condivisione dei costi sulle nuove tecnologie. «Importante - osserva Cartier - è che sia sempre mantenuta l'identità».
Ma c'è anche il fantasma della Brexit a preoccupare anche Nissan. «Ci auguriamo che il Regno Unito resti in Europa: l'export se ne avvantaggerebbe. Perché si dovrebbe desiderare un cambiamento quanto tutto funziona? Il nostro impianto britannico è efficiente e remunerativo. Spero che non ci sia la Brexit». Il Regno Unito ha per Nissan un'importanza strategica: lo stabilimento di Sunderland, oggetto di continui investimenti, è il più produttivo d'Europa.
«La copertura europea - conclude Cartier - è concentrata sulla Gran Bretagna, dove
possiamo sfornare 500mila veicoli, quindi sulla Spagna, che fa da ponte con l'Africa, e sulla Russia. Se abbiamo mai pensato di aprire una fabbrica in Italia? Per ora non è in programma, ma non vuol dire che non possa accadere».
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