«Tutto passa» ci dice un finanziere internazionale che guarda con l’acquolina in bocca al mercato italiano. È vero, siamo nel mezzo di una bufera finanziaria internazionale, non è così scontato che tra qualche anno o qualche mese l’euro resti intatto, e comunque varrà molto meno rispetto al dollaro, ma insomma chi ha un po’ di cash (e in giro per il mondo ce n’è molto) e sangue freddo sta iniziando a guardare al mercato delle aziende italiane. Poche settimane fa dicevamo proprio nella Zuppa che agosto è per tradizione un mese caldo per la finanza. Oggi proponiamo qualche piatto.
Mediobanca
Sì, boom. La regina dell’establishment italiano, controllata da un ferreo patto di sindacato costituito dalle famiglie che contano franco-italiane. La banca che domina le Generali. Chi tocca Mediobanca muore. E Alberto Nagel, numero uno dell’istituto,è decisamente uno dei migliori manager bancari in circolazione. Il più giovane della vecchia generazione, e l’unico ad essere rimasto solidamente in sella. E però il piattino di Mediobanca è più che appetibile a questi valori stracciati. C’è anche da rilevare che una buona parte dei soci oggi si deve leccare le ferite per le perdite che si è portato a casa da suoi investimenti. Vincent Bolloré è uno di questi: tra Fonsai, Premafin e Mediobanca ha minusvalenze alla Zaleski e difficilmente reggerebbe il botto di una scalata. Cosa è cambiato oggi rispetto a ieri? Elementare Watson.È venuta meno l’involontaria poison pill che l’istituto di piazzetta Cuccia aveva in corpo e cioè quel miliardino di titoli subordinati nella galassia Ligresti e che rischiavano di pesare come un macigno sui suoi prossimi bilanci. Celebrato il matrimonio con Unipol, oggi Mediobanca corre molti menorischi sul fronte patrimoniale e molti più rischi per la sua rinnovata appetibilità.
Finmeccanica
Il gruppo dell’aerospazio non si tocca:d’altronde c’è una golden
share del governo sull’azienda. Ma alcune sue parti sì. Il ceo Orsi non ha fatto mistero di voler vendere tutta la parte civile (Ansaldo Energia e Sts, mentre per Breda è difficile trovare un compratore) per ridurre il forte debito. Orsi come Bernabé ( nel 1992 in Eni) è stato nominato in un periodo di grande crisi: il governo non vuole ulteriori seccature, oltre a quelle giganti che ha, e i manager si prendono tutta la libertà che credono. Perfetto. Mica tanto per Giuseppe Zampini. La sua Ansaldo Energia è un gioiellino e euro o non euro i tedeschi della Siemens non vedono l’ora di metterci le mani sopra. Zampini non parla, ma quando parlò disse che la vendita della sua società era un errore visto le ottime prospettive che, a differenza del militare, il civile avrà nei prossimi anni. Orsi scrisse una lettera a mano per riportare all’ordine Zampini dicendo di coordinare le sue uscite pubbliche con l’ufficio delle relazioni esterne della capogruppo, Finmeccanica. Insomma: statti zitto, Zampini. Orsi vendendo Alenia Energia oltre a incassare un mucchio di quattrini, si libera del manager che il sabato prima delle nomine di Finmeccanica avrebbe dovuto essere il ceo del gruppo, proprio al posto di Orsi. Udc e leghisti fecero il miracolo.
Telecom
La società di tlc vale oggi la metà di quanto ce l’abbiano in carico i suoi azionisti. La bella addormentata non sembra così affascinante per i suoi possibili investitori-scalatori. Chi se ne intende ci dice: «Ha le tre caratteristiche peggiori che oggi si potrebbero trovare sui mercati. È una società italiana, e gli investitori non vogliono il rischio Italia. È indebitata e oggi il debito fa paura. Infine è una telco, settore che oggi non va di moda». Tutto vero tranne il fatto che Bernabé è riuscito a ridurre il debito nonostante la crisi, non è stata downgradata, ha emesso obbligazioni senza colpo ferire e continua ad avere un margine lordo di 12,5 miliardi l’anno. Ma anche qui c’è un non detto.Nel tira e molla con la Cdp e Metroweb non è escluso che Bernabé faccia il colpaccio valorizzando la rete in rame ( il doppino telefonico) a prezzi interessanti. A Roma non credono che le intenzioni della Cassa di cablare l’Italia siano concretizzabili in poco tempo. Più facile scommettere che si arrivi a un accordo, con tutti dentro Metroweb e una significativa riduzione dell’indebitamento di Telecom. Da guardare con attenzione.
Prelios
Sì certo, il caso e le dimensioni della ex Pirelli Re sono tutt’altre. Ma il rumor milanese è che la società non sia più in grado di pagare i circa 40 milioni di euro l’anno di interessi sul suo debito. Via via si sono sfilati i suoi potenziali acquirenti: Francesco Micheli e Massimo Caputi tra gli altri.
È rimasta in pista solo l’anglosassone Fortress che vorrebbe fare l’acquisizione fondendola con la sua controllata Italfondiario. Condizioni di partenza: rinegoziazione del debito (più 500 milioni, di cui circa 160 ancora in pancia alla Pirelli), moratoria sugli interessi ed esborso cash vicino a zero.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.