Alle compagnie aeree aiuti per 120 miliardi

Soldi pubblici e garanzie in Usa e Ue. A Lufthansa 9 miliardi, Air France 7, Klm 4. E British fa da sola

Alle compagnie aeree aiuti per 120 miliardi

Secondo le ultime stime della Iata, l'associazione mondiale del trasporto aereo, il complesso degli aiuti statali alle compagnie ha raggiunto i 120 miliardi di dollari: 67 di sussidi governativi, compresi 5 miliardi di tasse differite e 12 miliardi di prestiti a garanzia. I circa 53 miliardi rimanenti si compongono di prestiti bancari garantiti (23 miliardi), obbligazioni (18), leasing (5), crediti diversi (6). Senza alcuna ironia, il direttore generale dell'organismo, Alexandre de Juniac, ha osservato: «La prossima sfida sarà impedire alle aziende di annegare sotto il peso del debito creato dall'aiuto». Ovviamente la maggioranza degli interventi statali a fondo perduto ha come scopo di sostenere i salari annientati dal virus. Le compagnie, quel che hanno potuto hanno fatto: ma solo nel secondo trimestre sono andati bruciati 60 miliardi di liquidità. Detto per inciso, fra trasporto aereo e settori collegati (turismo, alberghi, viaggi) sono a rischio 6,7 milioni di occupati in Europa, 25 milioni nel mondo.

Negli Stati Uniti il Tesoro, con grande tempestività, nel Care Act da 2mila miliardi di dollari ha stanziato 25 miliardi di aiuti alle compagnie aeree, un mix di prestiti e sovvenzioni (30% da restituire). Ne hanno beneficiato innanzitutto le major (American 5,8 miliardi, Southwest 3,2, Delta, United) ma anche le più piccole, da JetBlue ad Alaska air, da Fronter a Skywest.In Europa, dove, a differenza degli Stati Uniti, le decisioni sono frammentate, prestiti statali, contributi a fondo perduto e finanziamenti vari ammontano a circa 30 miliardi di euro; erogazioni spesso travagliate che stanno portando anche a nuovi assetti societari.

Sono state beneficate praticamente tutte le principali compagnie nazionali: Lufthansa 9 miliardi, Air France 7, Klm 4, le spagnole Iberia e Vueling 1 miliardo. In questa sede sorvoliamo su Alitalia, che riceve dallo Stato 3 miliardi, ma con l'obbiettivo di una ristrutturazione già necessaria prima della pandemia. Austrian e Swiss, gruppo Lufthansa, ricevono rispettivamente 767 milioni e 1,42 miliardi, Sas 729 milioni da Svezia e Danimarca, Norvegian 270 milioni; l'elenco potrebbe continuare. Il governo inglese ha stanziato 700 milioni anche per le low cost Ryanair e easyJet, proprio quelle che strillano per il sistema degli aiuti a pioggia; esemplare una frase di Michael O'Leary (Ryanair): «I grandi vettori sono come drogati in cerca di una dose» (le due compagnie a fine maggio avevano rispettivamente 4 e 3 miliardi di liquidità). Da segnalare l'eccezione di British Airways, che pur licenziando oltre 22mila persone allo Stato non ha chiesto nulla, anzi per far cassa ha messo all'asta la propria collezione d'arte moderna; e il caso di Virgin Atlantic che si è vista rifiutare 573 milioni dal governo inglese perché il suo azionista, Richard Branson, paga le tasse alle Virgin Island, nei Caraibi. Quanto ai nuovi assetti nella portoghese Tap lo Stato sale dal 50 al 100% del capitale e statalizza la compagnia. Il virus potrebbe poi insinuarsi nel gruppo Air France-Klm e dividere i destini delle due società: la prima va meglio della seconda, e in tempi di crisi queste cose contano. Poi, Lufthansa, l'intervento più grosso in Europa: la compagnia ad aprile perdeva 1,11 milioni all'ora e si prepara a tagliare 26mila posti su 135mila.

Lo Stato tedesco ha erogato 9 miliardi, partecipando a un aumento di capitale riservato che lo porta a divenire con il 20% il primo azionista di una realtà prima tutta privata; e avrà la facoltà di salire alla soglia di sbarramento: il 25% più un'azione in caso di scalate. Insomma, con gli aerei a terra e i cieli ancora lontani dalla normalità, le leve del sistema pubblico vengono chiamate ovunque a sistemare, per quanto possibile, la difficile situazione.

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