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Dalle banche Usa 170 miliardi ai soci

È «regalo» a Wall Street tra dividendi e buy back. E la Vigilanza Ue serra le regole

Dalle banche Usa 170 miliardi ai soci

Un regalone per i soci da centosettanta miliardi di dollari. È quello che sta per essere consegnato agli azionisti delle 22 principali banche americane che per la prima volta dalla crisi del 2008 distribuiranno quest'anno più soldi di quanti non ne facciano dal loro business: il ritorno di capitale in dividendi e buyback sarà infatti superiore ai profitti annuali. La notizia rilanciata ieri dal Financial Times citando uno studio di Barclays, ha già aperto il dibattito degli addetti ai lavori su quanto sia stata appresa la lezione della crisi finanziaria. Per molti operatori di Wall Street, infatti, le big del credito dovrebbero rafforzare il proprio capitale per non abbassare le difese nei confronti di eventuali nuovi prossimi choc nel sistema finanziario, come quello che ha colpito il sistema bancario Usa dieci anni fa, con l'onda lunga dello «tsunami» che ha poi raggiunto l'Europa.

In realtà, il trend era annunciato: alla fine di giugno dell'anno scorso la Fed aveva promosso tutte le maggiori banche americane, concedendo loro il via libera alla distribuzione di dividendi e a piani di riacquisto di azioni proprie perché per la prima volta negli ultimi sette anni, ovvero da quando gli stress test sono in vigore, tutti e 34 gli istituti esaminati avevano passato la prova. La settimana scorsa la stessa Fed ha alzato i tassi per la settima volta da quando, a fine 2015, ha iniziato il processo di normalizzazione e si prepara a pubblicare il primo round di risultati dei nuovi stress test annuali che dà il via libera anche ai piani di remunerazione degli azionisti. Il punto, dunque, è capire se la «generosità» delle big continuerà ad essere sostenibile. Nel caso di Citigroup, ad esempio, la quota di distribuzione di utili e capitale ai soci arriva a sfiorare il 130% del profitto registrato sul conto economico. Lo stesso gruppo ha accettato una multa di 100 milioni di dollari per chiudere le indagini di circa 40 Stati americani che l'hanno accusata di manipolare il tasso di interesse Libor. Anche JP Morgan Chase, è stato annunciato ieri, pagherà una multa di 65 milioni di dollari per avere cercato di manipolare Isdafix, un benchmark del dollaro ampiamente utilizzato nel mercato dei contratti derivati.

La Fed continuerà a «valutare l'efficacia e l'efficienza delle riforme approvate dopo la crisi», ha assicurato lo scorso 25 maggio il presidente della banca centrale americana, Jerome Powell, lasciando intravedere possibili aggiustamenti delle norme all'orizzonte. E citando proprio l'esempio degli stress test che hanno aiutato a stabilizzare il sistema finanziario e aumentato la fiducia sulla preparazione delle banche a nuove crisi.

E le banche europee vigilate dalla più severa Daniele Nouy? In attesa che venga disinnescato il Qe di Mario Draghi, Francoforte ha alzato il tiro su Deutsche Bank, Bnp Paribas e Société Générale con un'indagine sulla metodologia di calcolo su obbligazioni, azioni e derivati da parte delle banche nei loro libri di trading. La questione è rilevante, perché fino a oggi la Bce ha fatto pesare non poco agli istituti italiani la presenza di sofferenze nei loro bilanci, costringendoli a pesanti aumenti di capitale. Come quello da 13 miliardi che all'inizio dello scorso anno si è dovuta accollare Unicredit.

Nel frattempo le banche italiane hanno fatto pulizia e sono tornate a macinare profitti, per quasi 3 miliardi e mezzo, nel primo trimestre dell'anno con le due grandi, Intesa (in utile per 1,25 miliardi) e Unicredit (1,1 miliardi), a fare la parte del leone e a un terzetto (Bper per 251 milioni, Banco Bpm 223 e Mediobanca 200 milioni) a dare una grossa mano.

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