Roma - Il debito pubblico è il principale problema dell’Italia e, dopo un anno di governo tecnico, a poche settimane dalla fine della legislatura, non c’è nessun segnale di miglioramento su questo fronte. Al contrario, la notizia di ieri è che in ottobre è stata superata la soglia, psicologica ma non solo, dei 2.000 miliardi. E la sorpresa consiste nel fatto che questo record è stato raggiunto nel mezzo del mandato di Mario Monti, a fine corsa di un esecutivo che era stato chiamato a mettere in ordine i conti.
Nel gennaio 2012, a due mesi dall’insediamento del governo - secondo i dati diffusi ieri dal Bollettino statistico di Bankitalia - era a quota 1.943 miliardi, due mesi fa si è attestato a 2.014. In dieci mesi è cresciuto di 71 miliardi di euro, quasi esclusivamente a causa dell’amministrazione centrale, visto che il debito di regioni, comuni e province, è calato. Il costo in termini di interessi che dovremo sostenere per il solo debito accumulato in questi mesi sarà tra i due e i tre miliardi all’anno, che si aggiungono ai circa 80 che già paghiamo e gravano sui nostri conti, impedendoci di attuare politiche anticicliche per favorire la crescita. Un problema antico, innescato negli anni Settanta.
Ma la tendenza all’aumento del debito non si è arrestata nemmeno negli ultimi mesi,così come quella all’aumento della pressione fiscale. Secondo i dati ufficiali di Bankitalia nei primi mesi dell’anno le entrate tributarie sono cresciute del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2011. Entrate che sono servite ad alimentare una spesa pubblica che, nonostante i sacrifici, non diminuisce.
Ancora non si sentono gli effetti delle misure prese dal governo. Cioè dalle manovre e dalle nuove tasse, Imu in testa, che darà nel complesso 24 miliardi. Ma il dato è che, sulla riduzione dello stock del debito, il governo ha sostanzialmente gettato la spugna. Ci sono gli obblighi presi dal precedente esecutivo, il six pack del 2011 e i suoi impegni poi confermati negli accordi successivi. Ci sono piani per dismissioni, ma sono ancora meno che in embrione. Il problema numero uno del Paese resta lì e grava, dati dei consumeristi del Codacons, per 82 mila euro a famiglia.
A pesare ci sono anche i contributi dell’Italia ai fondi salva stati dell’Unione europea.Considerando solo la nuova versione, il Mes, Meccanismo europeo di stabilità, l’onere dell’Italia è di 14,3 miliardi, degli 80 miliardi complessivi, da pagare in cinque rate da 2,86 miliardi di euro all’anno.
«Tanto per peggiorare la nostra situazione - spiega il leghista Massimo Garavaglia della Lega Nord - il premier Monti ha deciso di anticipare la rata di quest’anno. Quasi tre miliardi che avremmo potuto evitare di pagare».Orgoglio da contributori netti: versiamo nostre risorse ai fondi salva stati, ma non ne prendiamo nessuna. Peccato che la nostra immagine all’estero era e resta anche dopo un anno di Monti, quella di chi prende aiuti.
I nostri problemi, insomma, ce li teniamo. Ad esempio quello dei crediti delle aziende verso lo stato. Meccanismi farraginosi impediscono a chi ha avuto la sfortuna di lavorare per enti pubblici di avere i soldi. Paradossalmente, va meglio alla Grecia.
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