Taglio dei tassi, acquisto di bond dei Paesi in difficoltà, prestiti a pioggia al sistema creditizio: la Bce ha fatto tutto quanto in suo potere per sostenere l’economia e arginare la crisi, ma ora tocca ai governi e alle banche agire senza indugi per completare il lavoro dell’Eurotower. Mario Draghi approfitta di un convegno a Parigi per sollecitare risposte rapide, più semplici da trovare in questa «fase di stabilizzazione finanziaria».
Dopo la tempesta dei mesi scorsi, è un momento di quiete da sfruttare: a livello di sistema-Paese, «per procedere sulla strada delle riforme economiche, rafforzare il potenziale di crescita, rilanciare l’occupazione e rafforzare la competitività». Il presidente dell’istituto di Francoforte non fa nomi, ma nelle sue parole si coglie imp licitamente un’esortazione rivolta in particolare all’Italia, dove la riforma del mercato del lavoro è ancora un cantiere aperto a causa delle divisioni tra Palazzo Chigi e i sindacati.
Quanto alle banche, quello rivolto da Draghi è un invito «a rafforzarsi» anche a costo di tagliare «dividendi e bonus». «La solidità dei bilanci delle banche - spiega il numero uno dell’Eurotower - sarà un fattore chiave per facilitare l’erogazione di adeguato credito all’economia, che è il loro compito principale. Il sistema finanziario deve essere al servizio dell’economia reale, non il contrario». Insomma: seppure il doppio prestito della Bce non prevedesse vincoli di alcuna natura nell’impiego del denaro ricevuto, gli istituti vengono incalzati a rimetterlo in circolo. Visto l’ammontare record di fondi parcheggiati dalle stesse banche nei caveau dell’istituto centrale, la sottolineatura è ancor più evidente.
Anche perché, attivando il meccanismo dei prestiti al tasso dell’ 1%, Draghi si è esposto alle critiche di Jens Weidmann, potente capo della Bundesbank. Il mese scorso-Weidmann aveva inviato una lettera aperta al numero uno della Bce in cui esprimeva la sua preoccupazione per la politica portata avanti con le due aste perchè questa strategia rischia di rivelarsi una «cura temporanea» e non una medicina definitiva. Weidmann ha poi ieri corretto il tiro, parlando di «un rapporto molto buono»con l’ex governatore di Bankitalia, ma è fuor di dubbio che la Bundesbank abbia più a cuore il controllo dell’inflazione e molto meno le operazioni di quantitative easing in stile Federal Reserve (che ieri ha lasciato i tassi invariati). «Siamo costantemente attenti al rischio di inflazione - ha puntualizzato Draghima questa eventualità non si verifica al momento ». In Italia, tuttavia, il carovita si fa sentire. L’Istat ha confermato ieri che i prezzi al consumo sono cresciuti dello 0,4% in febbraio rispetto a gennaio e del 3,3% rispetto a febbraio 2011. A preoccupare sono i rincari del carrello della spesa: un +4,5% annuo, il rialzo maggiore dall’ottobre del 2008.
Se la febbre dei prezzi sale, scende invece quella dello spread tra Btp e Bund tedesco (308 punti ieri). È un altro segnale di stabilizzazione, riscontrabile anche nei rialzi delle Borse (+2% Milano) galvanizzate dall’aumento della fiducia delle imprese tedesche e dal via libera politico dell’Eurogruppo ai 130 miliardi per la Grecia. Atene, che ha anche incassato da Fitch la revisione al rialzo del suo rating da «Restricted Default » a B-, potrà disporre di fondi per un totale di 172,7 miliardi fino al 2015, mentre entro il 20 marzo (data in cui scadono 14 miliardi di sirtaki- bond) verrà versata la prima tranche di aiuti. Un rapporto della Commissione Ue prevede che il Paese dovrà sottoporsi a nuove misure di austerità, tagliando un ulteriore 5,5% del Pil della spesa pubblica nel 2013 e 2014, per raggiungere gli obiettivi di bilancio.
In coda alla riunione dell’Ecofin di ieri non sono mancate le polemiche per il diverso trattamento riservato a Spagna e Ungheria. La prima ha avuto più flessibilità quest’anno per ridurre il deficit;la seconda ha visto 495 milioni di fondi congelati a causa dell’eccessivo disavanzo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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